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domenica 24 maggio 2009

IL CASO GALILEO GALILEI

Dott. Pietro Vitale
Giornalista e scrittore


“…è’ nella natura dei mortali calpestare chi è caduto…”
(ESCHILO)

“La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l’universo), ma non si può intendere se non s’impara la lingua della Conoscenza dei caratteri e simboli, né quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, squadre (e compassi dico io ) geometrie, senza i quali mezzi è impossibile intenderne parola, senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro labirinto”.
(Galileo, & Saggiatore cap. VI)

1609: invenzione del cannocchiale
2009: anno internazionale dell’astronomia.

GALILEO GALILEI
Introduzione:
Cari amici che mi leggete, in questo 2009 come sapete è dichiarato anno internazionale dell’astronomia, si celebra il 400° anniversario dell’invenzione del telescopio ad opera di Galileo Galilei, scienziato e scrittore, protagonista talvolta involontario destinato a suscitare polemiche scientifiche e religiose che hanno determinato profondi sconvolgimenti nella sua carriera e esistenza nella storia delle scienze. Senza alcun dubbio a lui tutta l’umanità deve riconoscenza per le numerose invenzioni in campo scientifico e astronomico e per la profondità dei suoi studi.
Il padre è un fine musicista, appartenente ad una famiglia con illustri rappresentanti nel governo democratico di Firenze, che nel 1562 si trasferisce a Pisa, dove nasce il primogenito Galileo. Questi, nel settembre 1581, interrompe gli studi di medicina presso l’università di Pisa preferendo interessi di matematica, a scuola da Ostilio Ricci, discepolo del grande matematico Niccolò Tartaglia.

Nel 1585 Galileo va a Firenze dove vengono apprezzate le sue lezioni di interpretazioni (esoteriche dico io) sull’inferno di Dante, sull’Ariosto e sul Tasso. Ma il suo esordio in campo scientifico avviene nel 1587 quando pubblica una Relazione sulla Bilancetta idrostatica per la determinazione del peso specifico dei corpi; inventata l’anno prima.
Nel 1589 viene nominato lettore di matematica nell’Università di Pisa, dove rimane per oltre tre anni, con uno stipendio annuo di 60 scudi (un professore di matematica, ne prendeva duemila). Nei numerosi lavori pubblicati, egli si occupa della caduta dei gravi ed apre la via alla dinamica moderna.
Nel 1591 per la morte del padre, Galileo deve provvedere al mantenimento della famiglia. Ma l’ambiente accademico pisano, irritato dal suo carattere polemico, lo esclude dall’insegnamento e non gli rinnova l’incarico. Galileo si trasferisce allo studio di Padova dove viene accolto con simpatia con un contratto di quattro anni, a 180 fiorini all’anno, come professore di matematica e vi rimane per ben 18 anni: i più fecondi della sua vita, soprattutto per la libertà di pensiero di cui può godere e per le garanzie che le autorità veneziane offrono contro il prepotere dell’Inquisizione. Permanendo però le sue inquietudini finanziarie, nonostante diversi aumenti di stipendio, lo scienziato deve dedicarsi anche all’insegnamento privato, molto remunerativo, anche per pagare la dote delle sorelle e per mantenere l’amante veneziana, con la quale convive per circa dieci anni, e tre figli: Virginia, Livia e Vincenzo, legittimato nel 16, mentre Virginia e Livia entrano in convento.
Al periodo padovano appartengono appartengono numerose opere e l’invenzione del compasso geometrico militare (1619), una specie di regolo calcolatore, causa di una celebre disputa con Capra, che rivendica l’invenzione al tedesco Gutzenhausen,. Di questo periodo importanti sono le lettere e gli appunti, da cui risultano i grandiosi progressi conseguiti nella fisica, nella matematica e nell’astronomia. Nel 1604 scopre la legge sulla caduta dei gravi.

Nel 1609 inventa il telescopio, geniale e dotta applicazione delle lenti già inventate da occhialai olandesi, che presentato da Galileo al Senato veneto, desta stupore e meraviglia per la sua prefazione, egli consente l’esplorazione del cielo. Nello stesso 1610 Galilei va a Roma, accolto con lodi ed onori, ed è chiamato a far parte dell’Accademia dei Lincei. Ancora nello stesso anno l’ormai famoso scienziato, passa per motivi economici al servizio del granduca di Firenze, Cosimo 1, commettendo un grave errore, dal momento che i Medici non lo proteggeranno dalle persecuzioni del Sant’Uffizio, come invece avrebbero fatto i Veneziani. Del 1612 è il Discorso intorno alle cose che stanno sull’acqua e che in quella si muovono, del 1613 le tre lettere note come Istoria e dimostrazione intorno alle macchie solari e loro accidenti, e le lettere a Don Benedetto Castelli, “fra cui quella famosa, sul movimento del sole e della terra e il modo di interpretare la Bibbia”.
Di pari passo, in campo filosofico, egli chiarisce sempre più la necessità di tenere distinte e autonome la scienza e la rivelazione. “La natura egli dice, per esempio, nella lettera al Castelli - e la Bibbia, derivano dallo stesso Verbo Divino ma mentre la natura attua la volontà divina con inesorabile necessità, nella rivelazione invece ha dovuto adattarsi all’intelligenza degli uomini a cui era diretta. Ne consegue che è privo di senso voler conoscere la natura attraverso la Sacra Scrittura: Più giusto è invece, la dove la cosa si dimostra necessaria, servirsi delle leggi naturali per comprendere il vero significato di talune espressioni, necessariamente velate, nella Bibbia. Naturalmente per quell’epoca, era una teoria rivoluzionaria che aveva già molti seguaci anche in campo scientifico cattolico, (padre Foscarini, un carmelitano, sostiene le stesse tesi a quelle di Galileo). Nel 1616 Galileo viene chiamato dal Cardinale Bellarmino, che lo ammonisce ad abbandonare le idee copernicane. Da questo momento fino al 1630 Galileo rinuncia almeno ufficialmente, alle sue tesi e alle sue opere sono di puro argomento scientifico-tecnico: Il discorso sul flusso e riflusso del mare (1615), in cui fa dipendere le maree dai moti della terra – il che voleva essere ancora una conferma della tesi copernicana – il Discorso delle comete (1619), il Saggiatore (1623). L’opera Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, tolemaico e copernicano (1632) più che un libro autentico di fisica e di astronomia, è soprattutto uno splendido lavoro di chiarificazione scientifica ed un’opera anche didattica. Al fine, dopo tante polemiche e perplessità, Galilei ottiene l’autorizzazione a pubblicare il suo Dialogo, ma appena sei mesi dopo l’Inquisizione di Firenze fa sequestrare l’opera, della quale, fortunatamente era già in circolazione in Italia e all’estero diverse copie. Galileo viene chiamato a Roma per costituirsi al Santo Uffizio.

Nel frattempo il gruppo di suoi amici e protettori anche ecclesiastici, per i sopravvenuti mutamenti della politica europea, aveva perduta la loro influenza, mentre la compagnia di Gesù, apertamente e con tutto il peso della sua potenza, infierisce contro lo scienziato e le idee copernicane, ritenute pericolose per la fede cattolica. Il vecchio scienziato ormai indebolito e stanco, non è capace di resistere agli interrogativi con minacce di tortura: abiura ed è condannato al carcere commutato in confino, prima nel palazzo del Duca di Toscana a Roma, poi a Siena, presso l’Arcivescovo, infine ad Arcetri. Gli ultimi anni di Galileo sono tristi; pochi amici avevano il permesso di visitarlo, con molte restrizioni; la figlia carissima Virginia muore nel 1634, gli altri figli non lo capiscono, specie la figlia Livia che gli rimprovera di averla costretta a prendere il velo contro la volontà; di più nel 1637 Galileo perde completamente la vista. Unica consolazione la ricerca scientifica e la notizia che il suo pensiero va rapidamente diffondendosi ovunque.
Solo nel 2009, dopo 4 secoli, il Vaticano rivede le proprie posizioni con una rilettura storica, filosofica e teologica, celebrando la prima messa per Galileo ed organizzando ne prossimo maggio a Firenze un Convegno internazionale di studi sul “caso Galileo”.

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