Ordini Cavallereschi Crucesignati

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domenica 20 maggio 2012

QUELLI CHE FANNO A MENO DI DIO...

Articolo pubblicato da “Focus” n. 170 del Dicembre 2006
Prima di riportare l’articolo su indicato esprimo una mia opinione: “atei e credenti sono ugualmente dogmatici”, infatti, non potendosi dimostrare l’esistenza o la non esistenza di Dio, entrambi affermano “senza prove”. C’è un altro elemento che unisce atei e credenti, infatti, sia chi nega che chi afferma Dio lo pone al centro della propria riflessione. “E’ meglio non avere alcuna opinione di Dio che averne una indegna.” (Francis Bacon) Non sappiamo se, o quando, Dio sia apparso all’uomo. Per i Credenti basta leggere quanto affermato nelle Scritture Sacre, gli altri generalmente legano la nascita del concetto di Dio a quando l’uomo cominciò a rispondere, prima con la magia poi con la religione, a domande cui non sapeva dare diversa risposta. Le “prove” di quest’affermazione possono essere trovate nei reperti fossili e nelle sepolture, e rinviano forse all’uomo di Neanderthal. In ogni caso ci si riferisce ad un uomo non più nomade (cacciatore/raccoglitore) ma stanziale (cavernicolo, forse già allevatore/agricoltore), infatti, il primo abbandonava i cadaveri lungo il percorso e non aveva riti agresti, l’altro, essendo residente cominciò a tenere le salme vicino a sé, seppellendole sempre con maggiore cura, sia perché l’odore non disturbasse e non attirasse gli animali saprofagi sia perché attribuì alla sepoltura valori magici e religiosi, successivamente abbinandoli ai riti agresti (culto degli antenati, della fertilità, della semina e del raccolto).
Ai riti sepolcrali ed a quelli agresti sarebbe legata la nascita e l’evoluzione del concetto di religione ed la crescita del ruolo del sacerdote-astrologo nei confronti di quelli del mago o dello sciamano. Questi ultimi due, praticavano la stregoneria e l’astromanzia, avevano, cioè, bisogno di un oggetto di collegamento tra loro e la divinità (una pianta, il sangue, una reliquia ecc.), il primo, invece, praticava l’astrologia e la religione, derivando, cioè, direttamente dal Cielo e dal Dio il potere e la conoscenza, senza necessità di altro. Il rito che il sacerdote proponeva rappresentava un nuovo e diverso “sacrificio” per onorare la Divinità e le profezie si riferivano direttamente agli astri celesti che i credenti potevano vedere ed onorare.
Chi sono, da dove vengo, dove vado? Queste sono domande alle quali un Credente ritiene di saper dare risposte certe, ma dubbi irrisolti per gli atei che, rifacendosi simbolicamente al dipinto “La scuola di Atene” di Raffaello, affermano che con la magia è nato il trascendente, con il dubbio l’intelligenza e con la filosofia la razionalità, e che quest’ultima rappresenta il miglior gradino per conoscere le cose. Sulle altre cose, quelle che sfuggono ai sensi ed al ragionamento, è meglio sorvolare.

Per approfondire questi argomenti, leggiamo di seguito l’articolo della rivista FOCUS.
<>“atei” (dal greco “senza dio”) ma tra di loro ci sono molte differenze. Ci sono per esempio atei epicurei, edonisti, neopagani***, scettici, semantici (quelli che sostengono che è senza senso ogni discorso su Dio) e perfino “pseudoatei” come sono stati definiti coloro che rifiutano di credere in Dio solo perché appare loro come un modo troppo semplice di sfuggire alle proprie responsabilità nel mondo. La maggior parte degli atei è poi composta da “agnostici”, cioè persone che non escludono pregiudizialmente la presenza di un Dio, ma non vedono prove della sua esistenza, e sospendono l giudizio, rifiutandosi di credere solo per fede nel Dio proposto dalla Chiesa. Negli ultimi anni questa non-religione ha conquistato spazio e iniziativa, soprattutto nei paesi europei dove, secondo papa Benedetto XVI, è in corso “un’ondata di laicismo che esclude Dio dalla cultura e dalla vita pubblica” e che rischia di divenire il principale problema nei rapporti con i Paesi musulmani, dove ancora prevale il rispetto del sacro. Ma chi sono veramente gli atei? E che cosa pensano? L’ateismo ha radici antiche. Può essere considerata laica l’Epopea di Gilgamesh (di circa 4 mila anni fa), nella quale l’eroe mesopotamico Gilgamesch si fa rubare da un serpente la pianta dell’immortalità. Anche se la vicenda cita gli dèi, il testo avverte: ciò che conta non è sopravvivere dopo la morte, ma l’esperienza umana, che un testo di tavolette di argilla può tramandare ai posteri. Anche in Egitto non mancano gli scettici: “Nessuno ha mai visto tornare una persona dall’aldilà, la vita dopo la morte non esiste” è scritto sulla lapide di un antico egizio. Ma è stato il mondo greco a formare le basi dell’ateismo. Già i filosofi naturalisti greci (7° e 6° sec. a.C.) considerati i fondatori della filosofia, proponevano una visione in qualche modo atea: spiegavano i fenomeni della natura non come capricci degli dèi ma con principi naturali, come l’aria, l’acqua e il fuoco. Poco dopo Leucippo e Democrito (5° sec. a.C.) individuarono le fondamenta dell’universo nel caso, che regola l’incontro tra atomi e quindi la nascita della realtà. Per Epicuro (346-270 a.C.) anche l’anima è formata da atomi e finisce con il corpo. Gli atomi avrebbero originato solo in modo casuale cose ed esseri viventi. Insomma nessuna creazione divina, né divina provvidenza. “Gli dèi, se ci sono” suggerisce Epicuro “non si interessano di noi”. Nella politeista India antica, il maestro Ajita Kesa Kambali (6° sec. a.C.) sorrideva di fronte all’idea della reincarnazione, che giustificava le caste. Scrisse una Dimostrazione dell’inesistenza dell’anima. Secondo Remo Bodei, docente di storia della filosofia a Pisa “l’ateismo all’inizio non escluse l’esistenza del divino, ma evidenziò che questo è totalmente ininfluente, che i comportamenti corretti non derivano dal premio o dalla punizione divina, ma dal fatto che sono giusti per l’uomo”. Il primo ateo integrale (che non ammetteva cioè un ruolo di Dio, neppure nella creazione) fu paradossalmente un prete, Jean Meslier (1664-1729). Voltaire, il padre dell’Illuminismo, nel 1762 rese noto il testamento di Meslier, che ne rivelava il pensiero. Il prete era in segreto un discepolo di Epicuro: “Non c’è alcun bene da sperare e nessun male da temere dopo la morte” scriveva. “Traete dunque saggiamente profitto dal tempo vivendo bene e godendo sobriamente, pacificamente, gioiosamente, se potete, dei beni della vita e dei frutti del lavoro”. L’attacco più deciso al Dio delle religioni arrivò però dagli Illuministi francesi, in particolare dal barone Paul Heinrich d’Holbach (1723-1789) nella cui casa si riunivano i collaboratori dell’Enciclopedia. Per il barone, le leggi della materia non derivano da un intervento divino, ma dipendono dalla necessità delle cose di regolarsi tra loro, così come la successione delle stagioni non è regolata da Dio, ma dalla rotazione della Terra intorno al Sole. “La natura, voi dite” scriveva rivolgendosi alla Chiesa ” è inesplicabile senza Dio. Per spiegare ciò che capite ben poco avete bisogno di una causa che non capite affatto”. Ma è soprattutto nell’800 e nel ’900 che, grazie anche agli scienziati, si è diffuso l’ateismo. Il filosofo tedesco Arthur Schopenhauer (1788-1860) negò, vista l’infelicità e il male che dilaniavano nel mondo, non tanto l’esistenza di Dio, quanto la sua provvidenza e bontà. Poi Ludwig Feuerbach (1804-1872) sostenne che la religione è la sintesi delle aspirazioni dell’uomo, dotato per natura di saggezza, volontà, giustizia e amore. L’uomo cerca, rendendolo sacro, di dare più valore a questo insieme di regole e di conferirgli un valore educativo: la religione sarebbe un espediente per educare l’umanità ai valori più nobili. Un altro filosofo tedesco, Karl Marx (1818-1883), fondatore del comunismo, aggiunse che se quello è lo scopo della religione, per farne a meno basta eliminare lo sfruttamento e la sofferenza nella società. A quel punto la religione, che è “l’oppio dei popoli”, cioè un modo per tenerli buoni, non avrebbe più ragione di esistere. Nel secolo scorso infine, mentre l’ateo Sigmund Freud (1856-1939), studiava l’inconscio e sosteneva che liberarsi dall’ossessione di Dio significa emanciparsi verso un’umanità adulta e consapevole, il filosofo Friedrich Nietzsche (1844-1900) decretava che “Dio è morto” e l’uomo deve trovare da sé nuovi valori. Altri filosofi, chiamati “esistenzialisti” e non lontani dal pessimismo del poeta (e ateo) Giacomo Leopardi (1798-1837), come lo scrittore Albert Camus (1913-1960) e il filosofo francese Jean Paul Sartre (1905-1980), hanno sostenuto l’assurdità del mondo, invitando l’uomo a crearsi da solo, con una vita piena, un significato contro il nulla. Nel frattempo la scienza aveva posto le basi per una comprensione del mondo, che fa a meno, in gran parte, di Dio. La teoria dell’evoluzione di Charles Darwin (1809-1882) fornisce una spiegazione credibile di come la vita abbia potuto evolversi dalle forme più semplici fino all’uomo. E secondo alcuni ricercatori la parte ancora inspiegabile del processo di formazione del cosmo è solo quella iniziale, il “Big Bang”, l’esplosione da cui ebbe origine l’universo. Ma dura 1043 secondi, in pratica 0,0000000000000000000000000000000000000000001 secondi, la più piccola unità di tempo misurabile. E oggi alcuni fisici, come Stephen Hawking, sperano che si possa arrivare presto a una “teoria del tutto” che ci porterebbe a una comprensione completa della logica e delle leggi del cosmo. Questo non esclude l’esistenza di Dio, ma sembra essere un ritorno a una vecchia teoria, chiamata “deismo” diffusa nel ‘600 ad opera soprattutto del filosofo inglese Francis Bacon (1561-1626), che vedeva Dio come un orologiaio: costruisce il cosmo, lo fa “partire” e poi lo lascia funzionare per conto suo. Ma si può davvero fare a meno delle religioni, dei loro valori? L’assenza di religione non è necessariamente assenza di regole morali: la storia ha mostrato che gli atei non sono in genere smodati peccatori e che è possibile darsi regole morali non basate sull’esistenza di una “entità superiore”. Molti atei si soni battuti per il bene dell’uomo e l’ateismo militante (e spesso persecutorio) di molti regimi comunisti (che proponevano una specie di “fede” alternativa nella rivoluzione, con tanto di dogmi ed eresie) appare, se lo si osserva con una prospettiva storica, solo una breve parentesi. Per Michel Onfray, autore di un Manuale di ateologia non è vero che i valori religiosi siano così chiari. I “libri sacri che si ritengono di diretta ispirazione divina, come Bibbia e Corano, contengono messaggi contradditori: di pace ma anche di violenza contro gli infedeli, i diversi e le donne”. Quanto ai cristiani, che dispongono dei Vangeli, più tolleranti, ci pensarono i padri della Chiesa, come sant’Agostino con la nozione di guerra giusta o san Bernardo di Chiaravalle che divinizzò l’uccisione degli infedeli, a cambiare il messaggio cristiano. “Un Dio buono non avrebbe mai permesso gli orrori delle crociate, la strage degli eretici catari” dice Onfray “e nemmeno il nazismo, con la scritta ‘Dio è con noi’ sulle cinture delle SS”. Sono pensieri simili a quelli del filosofo agnostico inglese Bertrand Russell (1872-1970): indicano un possibile limite dei valori religiosi. Ma forse oggi proprio nel riconoscimento dei reciproci limiti è possibile perfino un’alleanza tra atei e credenti. In fondo, dice Bodei “solo la fede nelle proprie possibilità, non importa se religiosa o no, può salvare l’uomo in questa vita”. Lo storico francese Georges Minois arriva a dire che “l’ateismo e la fede religiosa hanno qualcosa in comune: portano a pensare globalmente il mondo, cosa necessaria per ridurre la sofferenza”. Anche perché, come spiega il filosofo Giulio Giorello, la solidarietà è il valore fondamentale: “Non implica un principio divino e nemmeno lo esclude. E’ disposta ad aprirsi ai membri di qualsiasi Chiesa purché s’impegnino al rispetto delle differenze, nella pratica, prima ancora che nella teoria”. Una potenziale alleanza che ha trovato il favore, nella Chiesa, del cardinale Carlo Maria Martini, secondo il quale “gli atei virtuosi ed eticamente corretti vanno in paradiso”.> *** molti di loro vogliono essere considerati religiosi e sacerdoti a pieno titolo
tratto dai quaderni di Serenamente(A.Vacca)




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