Questo sito è a disposizione di tutti coloro che intendono inviare i loro pezzi, che dovranno essere firmati, articoli sulle gesta della Cavalleria Antica e Moderna, articoli di interesse Sociale, di Medicina,di Religione e delle Forze Armate in generale. Il sottoscritto si riserva il diritto di non pubblicare sul Blog quanto contrario alla morale ed al buon gusto. La collaborazione dei lettori è cosa gradita ed avviene a titolo volontario e gratuito, per entrambi.
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domenica 14 ottobre 2007
Massoni templari e/o Templari massoni?
Sulla Massoneria e sui Cavalieri del Tempio esistono così tante leggende ed ipotesi, non adeguatamente supportate da riscontri scientifici, che nulla vieta di aggiungerne altre, partendo da alcuni riscontri obiettivi e, transitando poi, tra le nebbie della suggestione.
I nove cavalieri che si presentarono a re Baldovino non erano guerrieri in senso stretto e, infatti, non furono aggregati alle truppe combattenti; non erano portatori di un messaggio religioso ed erano sconosciuti all’autorità ecclesiastica di Gerusalemme (non avevano, infatti, messaggi per essa) né si erano curati di intraprendere relazioni con i Cavalieri del Santo Sepolcro che già erano a Gerusalemme.
Erano cadetti di famiglie nobili che vestivano le insegne francesi ed esibivano la Croce di Lorena e, forse, cercavano un loro spazio all’estero. Furono alloggiati nelle stalle annesse al Tempio di Salomone e ben presto iniziarono a scortare i pellegrini che sbarcavano in Terra Santa, accompagnandoli ai luoghi sacri e contemporaneamente iniziarono a lavorare per migliorare la loro sede.
Uomini operativi, senza dubbio cavalieri, ma anche scudieri, cappellani, maniscalchi, factotum e, dal Sinodo di Troyes del 1128, grazie a San Bernardo di Chiaravalle che li doterà di una Regola, anche guerrieri cristiani (nova militia). Secondo Matthew Paris, parteciparono per la prima volta ad una battaglia contro i musulmani solo nel 1133.
Papa Eugenio III (1145-53) li autorizzò ad esibire la Croce cristiana e, grazie a ciò, poterono pienamente essere definiti “militia Christi”, assumendo, cioè, il titolo che Papa Urbano II (1088-99) aveva attribuito ai partecipanti alla prima Crociata.
I Cavalieri, che divennero abili e temuti combattenti, erano Templari “di prima categoria”, quelli che dovevano avere nobili origini e che pronunciavano i voti di castità, obbedienza e comunione dei beni.
L’Ordine, come qualsiasi esercito o comunità organizzata, non poteva sopravvivere senza la logistica, l’amministrazione, le relazioni pubbliche, lo sviluppo, i dirigenti ecc. e, come in qualsiasi esercito i vari reparti avevano un loro ruolo ed un loro spazio, creando un cameratismo interno che distingueva gli uni dagli altri. I guerrieri ed i capi, generalmente nobili di estrazione elitaria, rappresentativi della migliore società; gli altri, invece, scelti anche in virtù della capacità di soddisfare le esigenze concrete ed ordinarie della comunità.
Questo “sottobosco”, secondo alcuni, finì col dotarsi di regole proprie, parallele e segrete, alla stregua di quanto facevano, in quei tempi, le corporazioni di mestiere in Europa. Quando il loro esercito non servì più, per l’abbandono della Terra Santa, ed anzi fu malvisto da molti Signori dell’epoca che non gradivano un potere militare forte, alternativo a quello loro, furono proprio i rappresentanti non militari ad essere “meglio visti” e questi, vedendo esaltato il loro ruolo, penetrarono più facilmente nei ranghi della nomenclatura civile che diventava sempre più “borghese” e, in conseguenza della loro ascesa sociale, acquisirono anche all’interno dell’Ordine Templare quel prestigio che antecedentemente apparteneva solo ai Cavalieri.
Il passaggio successivo fu che i sapienti, gli scienziati, gli artigiani e gli operativi Templari, divennero contigui ai “colleghi” esterni, anch’essi sempre meglio inseriti nella società e, in modo particolare ai Liberi Muratori, la cui presenza, peraltro, era già diffusa all’interno dell’Ordine del Tempio, come dimostra la lapide ( ma non è la sola) con simboli Templari e Massonici, conservata al Museo Rockefeller di Gerusalemme, rinvenuta tra le rovine del castello templare di Athlit in Terra Santa, abbandonato dai Cavalieri nel 1291, e quindi, precedente a tale data. Anche a Teggiano (Campania) in una chiesa recentemente restaurata sono stati riscontrati evidenti simboli Templari e Massonici.
Due documenti, la Charta di Bologna del 1240, ed il Poema Regius del 1350 che fa riferimento a fatti già noti precedentemente, sono Statuti di corporazioni muratorie, dotate di regole non solo operative, tali da far identificare gli aderenti come precursori dei moderni Liberi Muratori = Massoni, cioè di associazioni che perseguivano sia la maestria del fare sia quella dell’essere.
Il Cavaliere cui appartenne la lapide di Athlit non doveva essere certamente un tagliapietre miracolosamente divenuto Cavaliere, ma un Muratore Accettato, cioè uno dei personaggi di elevate qualità che i Muratori affiliavano e iniziavano all’arte spirituale e metodologica massonica, ed era inoltre qualcuno che attribuiva tanta importanza alla Massoneria da desiderare che sulla sua lapide di Templare apparisse quel simbolo accanto a quello di Povero Cavaliere di Cristo.
Come dimenticare poi, il bassorilievo nella Cappella di Rosslyn (sotto riprodotto) in cui molti riconoscono un Templare che conduce un Massone all’Iniziazione? Il Templare lo conduce in qualità di Esperto (= ufficiale massonico); si ricordi inoltre, che l’Iniziazione Massonica può, e poteva, essere concessa solo da un Maestro Venerabile, unico autorizzato a conferire l’ Iniziazione Massonica.
I Templari non militari furono quelli che più facilmente si salvarono, grazie soprattutto alla loro minore visibilità e all’aiuto che ricevettero dai tanti amici e parenti e dalle Corporazioni di Mestiere che cominciavano ad affermarsi, in virtù delle ricchezze acquisite, come classe alternativa alla nobiltà ed al clero, anticipando l’inarrestabile futura crescita della borghesia. La capacità dei “sopravvissuti” Templari di inserirsi nella vita quotidiana della società cittadina, ricavando sostentamento e prestigio dalle loro abilità, fu determinante per la loro salvezza.
Questi Templari, meno noti e più facilmente confondibili al resto della popolazione, da soli o forse insieme ad alcuni Templari militari, sarebbero riusciti a fuggire, riparando in Scozia ove, secondo alcuni, ma non ho trovato riscontri in merito, ricostituirono, con la protezione della nobildonna Isabella di Becquart la loro associazione, che però non ebbe più finalità militari né possibilità di crescita esponenziale. Non risulta, peraltro, nessun documento ufficiale in cui re Robert di Scozia abbia ratificato lo scioglimento, o la sospensione, dei Cavalieri Templari esistenti nei suoi territori e sì che avrebbe avuto l’interesse e l’ opportunità, se l’avesse promulgato, a renderlo pubblico. (Baigent & Leigh).
Nel 1309, fatalmente, anche in Scozia iniziarono le persecuzioni: “fu tenuta un’inquisizione a Holyrood e comparvero soltanto due cavalieri perché gli altri erano impegnati a combattere nell’esercito di Bruce, contro gli inglesi”. (Bothwell Gosse). Ed ancora “ci dicono che avendo abbandonato il Tempio, si schierarono sotto le insegne di Robert Bruce e combatterono con lui a Bannockburn. Bruce, in cambio dei loro preziosi servigi, costituì questi Templari in un nuovo sodalizio”. (Haye)
Questo nuovo sodalizio vide l’affermazione dei Templari non militari, che non essendo stati coinvolti nelle guerre tra la Scozia e l’Inghilterra, si unirono ai loro congeneri in tutta la Gran Bretagna, accettando nel loro gruppo anche personaggi di diversa natura (nobili, borghesi, pensatori, ecc.).
Ricordo che, secondo Dom Augustin Calmet, John Claverhous visconte di Dundee era Gran Maestro dell’Ordine dei Templari in Scozia e, quando cadde nella battaglia di Kiliecrankie (1689) indossava la Gran Croce dell’Ordine originale (cioè anteriore al 1307), segno evidente che l’Ordine era a quella data esistente (come continuazione o nuova costituzione?). Il fratello del visconte di Dundee consegnò all’Abbé Calmet la Gran Croce (perché?) e, l’Abate, a sua volta, la consegnò a Lord Mar che succedette al visconte Dundee come Gran Maestro dei Templari di Scozia.
Questi ultimi, che non erano interessati né all’artigianato né al militarismo, favoriti dalla riservatezza cui erano costretti, ma della quale poterono anche giovarsi, trovarono nella sapienzialità e nella libertà di ricerca della conoscenza, il loro fattore unificante, osservando, com’era sempre stato costume dei Templari originari e dei liberi pensatori, abitudini e spiritualità non preconcette, quindi, aperte all’indefessa ricerca della Verità, liberi dai vincoli imposti “da ogni politica e religione” anticipando il futuro ecumenismo.
Conseguentemente il presunto idolo dei Templari, il Bafometto (o la Testa), non sembra essere stato un idolo religioso, piuttosto l’emblema di accoliti uniti dall’interesse per la conoscenza.
Il nome, infatti, deriverebbe etimologicamente da bafè (immersione) e da metis (saggezza) e accrediterebbe l’ipotesi che essi, una volta accolti nell’Ordine dopo aver bussato tre volte ad una porta chiusa (simbolo dell’ignoranza spirituale in cui la materialità ci fa vivere), ricevevano un nuovo “battesimo” simbolico, rinascendo alla fonte della conoscenza, disponendosi così, con l’impegno e l’osservanza del metodo che veniva loro insegnato, ad aspirare alla Conoscenza della Verità.
Anche la Massoneria, dopo che si sia bussato ad una porta chiusa, accoglie i profani nell’Ordine fornendo ad essi un “battesimo” iniziatico che insegnerà loro un metodo operativo: il buon utilizzo degli strumenti personali fisici e spirituali (forza, sensi, ragione, ecc.) allegorizzati da strumenti simbolici, per migliorare se stessi.
Questa metodologia massonica insegnerà all’iniziato, che saprà impegnarsi ed osservare le regole, ad edificare la costruzione del suo tempio spirituale, realizzato il quale potrà essere instradato sulla via che conduce alla ricerca della Conoscenza e della Verità.
Non esistono oggi, e non so se siano mai esistite realmente, promiscuità tra Templari e Massoni; vedo solo affinità, non escludendo che, a livello di singoli e non delle istituzioni, contatti ci siano stati. Entrambe le ideologie percorrono un sentiero ecumenico ed affermano principi e valori etico-solidali sovrapponibili, ma, i primi osservando la centralità dell’insegnamento di Cristo e la Sua Glorificazione, i secondi cercando la centralità spirituale dell’homo faber alla gloria di un difficilmente definibile Ente Supremo.
Tratto dai quaderni di Serenamente - Alberto Vacca
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