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domenica 11 novembre 2007

I Terroni Emigrazioni Ieri e Oggi

Matteo Cornelius Sullivan

Tutto sbagliato, la credenza popolare del fatto che i meridionali vengano definiti “terroni” perché erano contadini, non potrebbe essere più falsa, difatti iniziamo col ricordarci che anche i settentrionali, gli insulari e i centrali d’Italia erano, in maggioranza, contadini. Lavorare la terra è una degnissima professione e in passato ciò non creava nessun tipo di inquinamento, difatti i cicli di produzione della società antica non sprecavano nulla e quello che noi oggi chiamiamo “riciclo” era cosa naturale e poi comunque i materiali inquinanti erano quasi inesistenti. Ma torniamo ai nostri terroni e anche qui si deve ripercorrere un pochino di storia, difatti non si dovrebbe dimenticare che l’avvento delle macchine nel XIX secolo, già allora contestate, creò da subito disoccupazione, uguale effetto ebbero calamità naturali come, per esempio il terribile terremoto di Messina; Così a molti meridionali (ma non solo) non rimaneva che imbarcarsi su una nave che li portasse in qualche terra lontana (con regolare documentazione di immigrazione e non da clandestini come oggi alcuni vorrebbero far credere), una terra che gli desse speranza di un futuro migliore. Gli immigrati italiani che andarono negli Stati Uniti d’America erano, come quelli che scelsero altre mete, molto nostalgici della loro terra natia e ne parlavano sempre ed è da questo che deriva la parola terrone: una persona nostalgica della propria terra. Il vocabolo divenne di uso corrente in Italia quando gli immigrati negli U.S.A. tornavano a casa, appunto nella terra amata, e divenne identificativo di ‘meridionale’ con l’emigrazione interna da nord a sud nel nostro Paese. Oggi l’emigrazione di italiani all’estero, e parlo con sicura cognizione di causa per quello che riguarda l’Australia, non è più formata da persone ‘disastrate’ ma riguarda tutte le fasce sociali, con una maggioranza di persone istruite, con specifiche capacità tecniche o imprenditori, che vogliono vivere in Paesi che non siano ipertassati e così via. Devo ricordare la fuga di cervelli? Ormai lo sappiamo tutti che i nostri migliori ricercatori, scienziati eccetera se ne vanno all’estero, dove sono trattati degnamente e non trovano tutti i demenziali ostacoli di questa repubblica stracciona. Comunque una cosa è certa: i nuovi emigranti italiani non sono ‘terroni’ nel senso originario del termine e, a prescindere dalle ideologie politiche o dall’estrazione sociale, sono pochissimi quelli che vogliono tornare indietro per nostalgia dell’amata Patria e se tornano è magari per nostalgia della famiglia o perché non trovano la situazione ideale che cercavano ma nostalgia della repubblica italiana e della sua penosa esistenza, nessuno. Tra i vecchi emigranti certo ci sono quelli che ricordano l’Italia come l’hanno lasciata o l’Italia che immaginano che sia e quindi parlano ancora di bel Paese... Tra i turisti italiani che ho conosciuto in Australia poi non parliamone, per non esagerare dirò che il 99%, se avessero potuto, non sarebbero tornati... Quel Regno d’Italia, che oggi si vuol far passare per non si capisce cosa, senza mai rapportarsi alle epoche che erano diverse per tutti e non solo per gli italiani, era un luogo nel quale il tornare era un bel pensiero, un pensiero nostalgico di un Paese che viveva nella sua dignità, nonostante le contraddizioni dei tempi. L’Italia di oggi, la repubblica, è solo un Paese da incubo, un incubo dal quale si vuole solo fuggire ma non si riesce a risvegliarsi.
Tratto da La Circolare Spigolosa

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