Ordini Cavallereschi Crucesignati

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domenica 6 gennaio 2008

Avvolti nei loro abiti da Chiesa a Malta. I Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme.

Dott. Pietro Vitale
Il Vicedirettore
Il *“Palazzuolo”
Bisceglie Bari

I Cavalieri del Sovrano Militare Ordine di Malta, ritornano sulle loro tracce…
Scesi dai charter, dopo 500 anni sono stati accolti festosamente perfino dagli ortodossi, vedendo i cavalieri nella loro tipica uniforme, dagli abitanti di Rodi è parso di tornare nel medio evo.

“Ma chi sono questi? I discendeti dei Cavalieri?”.
L’interrogativo passa di bocca in bocca qualche settimana fa tra gli abitanti di Rodi, un po’ increduli, un po’ divertiti, difronte all’ivasione pacifica di decine di cavalieri di Malta provenienti da tutto il mondo. Avvolti nei loro abiti da chiesa, neri con la caratteristica croce bianca, si sono dati appuntamento nell’isola egea per celebrare i 900 anni di storia dell’ordine e inagurare il loro museo, nel Palazzo del Gran Maestro, proprio nel centro storico del capoluogo, a sette anni di distanza da un accordo apposito siglato con le autorità greche. La processione per le strade della città ha evocato l’improvvisa incursione di un lontano passato medievale tra gli ultimi vacanzieri in maglietta e calzoncini in cerca del tardo sole estivo del Mediterraneo. Erano più di 500 anni che non li si vedeva da queste parti, da quando cioè avevano dovuto lasciare l’isola, fiaccati da mesi di assedio delle forze ottomane. Eppure qui, dove si erano rifugiati dopo la caduta dei brevi regni crociati, che i cavalieri di San Giovanni avevano cominciato a gettare le fondamenta dell’ordine, lasciandolo come grande potenza politica del Mediterraneo, sovrana e indipendente, riconosciuta dalle autorità del tempo, da Papa a Bisanzio, forte sui mari e agguerrita nella difesa della cristianità dalla minaccia ottomana. Dopo oltre cinque secoli il clima è naturalmente cambiato: i Cavalieri, partiti dall’isola con l’onore delle armi e tornati alle soglie del Duemila a bordo di charter, hanno dovuto accontentarsi di quattro sale del Palazzo del Gran Maestro per esporvi uniformi di varie epoche, armi, cimeli e fotografie a testimonianza dell’attività filantropica che oggi costituisce la loro ragion d’essere.

MEMICI COMUNI.
La maggior parte della popolazione locale, di religione ortodossa, aveva perso quasi memoria dell’esistenza di quest’ordine antico e cattolicissimo, insieme al quale in passato aveva condiviso le battaglie contro il comune “nemico musulmano”. Eppure, nonostante i rapporti tra Chiesa cattolica e Chiesa ortodossa, quella greca inclusa, siano oggi a dir poco freddi, l’accoglienza della gente, delle autorità civili e religiose locali è stata calorosa, tanto che alla cerimonia conclusiva dell’incontro anche l’arcidiocesi ortodossa di Rodi ha voluto essere presente con l’archimandrita Psisios.
Non solo perché i Cavalieri, come ha detto in un’intervista con la stampa greca il Gran Cancelliere, Carlo Marullo di Condojanni, non cercano per ora il riconoscimento diplomatico delle autorità greche (che, inutile nasconderlo, avrebbe più di qualche imbarazzo a concederglielo); né soltanto perché il Gran Maestro, Andrei Bertie, nella stessa occasione ha condannato il ricorso all’uso della forza per tentare di cambiare lo status quo dell’Egeo (evidente riferimento alla Turchia), ma soprattutto perché la storia dei giovanniti ha molto in comune con quella di Rodi e della popolazione locale. A cominciare dalla loro protrettrice, la Madonna del Fileremo, loro antico convento sull’isola, dove i Cavalieri si sono recati in pellegrinaggio con la copia di un’icona bizantina della Vergine. L‘originale, che avevano portato via con sé secoli fa lasciando l’isola, è stato individuato recentemente in un monastero di Montenegro e da allora l’ordine ha intensificato i suoi sforzi per tentare di riaverlo. Chissà che il ritorno dell’Ordine di Malta in quest’isola, al di là delle stesse intenzioni dei Cavalieri, non rappresenti un altro inatteso passo avanti sulla strada di un ravvicinamento anche tra cattolicesimo e ortodossia. Esso è peraltro favorito in Grecia da un sempre più diffuso laicismo che, nel caso di Rodi, ha fatto prevalere sulle ragioni delle divisioni teologiche quelle di una profonda comunanza di storia e di cultura.
Di Manuel Mirkos (da un foglio trovato in una sala all’Università di Bari)

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