Ordini Cavallereschi Crucesignati

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giovedì 21 ottobre 2010

DOPPIOPESISMO E INSULTI

Tratto da il Giornale del 21/10/2010 - di Paolo Bracalini

Roma Il caso Masi-Santoro non fa scuola, perché altrove, fuori dal mondo parallelo di Viale Mazzini, se si insulta il proprio direttore si viene sospesi e nessuno deve fiatare. Nemmeno il Pd e la sinistra vendoliana, madre di tutti i lavoratori, che per Santoro invocano il diritto al vaffa ma per i comuni mortali non solo non fanno nulla, ma anzi sono i primi a sanzionare il vile marrano che ha osato ribellarsi al potere costituito. Cosa avrà da dire Nichi il rosso, il salvatore della sinistra italiana, su questa vicenda pugliese così simile e così diversa dalla telenovela di Santoro in Rai? Probabilmente nulla, visto che il dirigente sanzionatore è un suo uomo, da lui chiamato a coordinare l’area organizzazione della Regione Puglia, amministrata dal 2005 da Nichi Vendola.
Il ribelle, che per sua disgrazia di cognome non fa Santoro ma solo Angelillo, Pasquale Angelillo, non è una star della tv né un eroe della libertà di pensiero, ma solo un funzionario regionale, per di più sindacalista, ma di un sindacato sfigato, l’Ugl, che non ha i poteri di una Cgil. E così, per la gravissima colpa di aver apostrofato «emulo di Pol Pot» il dirigente regionale Pasquale Chieco, tra l’altro membro della segreteria regionale del Pd, si è beccato undici giorni di sospensione dal servizio con conseguente congelamento della retribuzione, leggermente più bassa di quella di Santoro.
Eppure, dare dell’emulo di Pol Pot a qualcuno parrebbe meno grave che mandarlo a vaffa... in diretta tv. Ma ci sbagliamo, evidentemente, perché per il povero Angelillo (che poi è il responsabile pugliese di Ugl) non è partito nessun sit-in progressista davanti alla sede della Regione Puglia, nessuna vignetta di Vauro per sbertucciare Nichi il censore, nessun finiano si è indignato, di Micromega e Panchi Pardi neppure l’ombra. La «grave offesa» di cui si è macchiato il funzionario della Regione, tra l’altro, non è nata da un raptus di nervi ma da una contestazione di fatto: l’Ugl era stata esclusa da una importante e delicata trattativa riguardante il personale della Regione, senza un motivo plausibile. Però non c’è stato verso e, malgrado la cosa fosse nota ai vertici regionali, si è proceduto nel modo più brutale, con la sanzione disciplinare, undici giorni di sospensione a partire dal 16 novembre. I sindacalisti dell’Ugl, però, si fanno una domanda, neppure così peregrina: perché proprio Vendola, che si straccia le vesti per gli operai di Melfi, permette poi «atti intimidatori» verso i suoi stessi dipendenti? Ad Angelillo, che di cognome non fa Santoro, non è restato che tentare un’istanza di conciliazione, che però, a differenza dell’arbitrato chiesto dal giornalista vip, non congela affatto la sanzione, che pende ancora sul suo collo.
Oltre a questo, però, il sindacalista ribelle ha scritto anche una lettera. Indirizzata a Mauro Masi, direttore generale Rai: «Gentile direttore, non dispongo, a differenza del divo Santoro, di 4 milioni di teleutenti bensì soltanto di un migliaio di associati fra i dipendenti delle autonomie locali pugliesi. Santoro e tutti i suoi faziosi amici vanno contrastati facendoli spogliare del falso vittimismo di cui sogliono ammantarsi. Chi le scrive, invece, sta vivendo sulla propria pelle le ingiustizie del bolscevismo, versione vendoliana, nel terzo millennio». Si attende una risposta. Ma da Vendola, però.

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