Ordini Cavallereschi Crucesignati

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giovedì 21 ottobre 2010

ECONOMIA,LA LEZIONE DELLA GERMANIA

L’ONDA LUNGA DELLA RIPRESA ECONOMICA
del Dott. Antonio Laurenzano
Germania ùber alles! Fa scuola il modello tedesco di crescita economica. Dopo la crisi finanziaria ed economica che ha sconquassato i mercati di mezzo mondo, si avvertono i primi segnali di ripresa, una ripresa lenta e faticosa. E in un panorama mondiale caratterizzato da tante incertezze, spicca il dato sulla crescita tedesca nel secondo trimestre dell’anno: un aumento del 2,2% rispetto al trimestre precedente (3,7% annuo), il miglior risultato post-unificazione. Più del doppio di quanto Eurostat ha stimato per l’Unione monetaria. Con una incoraggiante prospettiva: entro il 2011 la Germania tornerà ai livelli di crescita registrati prima della crisi! Una crisi … digerita in fretta. Gli analisti, che avevano previsto un rialzo medio intorno all’1,3%, parlano di “miracolo tedesco”. Vi sono ragioni antiche e cause più recenti che spiegano questo exploit. Parte da lontano la ripresa economica in Germania. Un’onda lunga che affonda le radici nelle decisioni degli anni successivi alla riunificazione con la delocalizzazione nei Paesi dell’Est di quei segmenti di produzione a più alta intensità di lavoro che penalizzavano la competitività di una grande fascia di prodotti. Senza dimenticare la struttura delle imprese industriali tedesche, medio-grandi, che riescono meglio delle piccole a conquistare e difendere le quote di mercato, sopportando più facilmente i costi della internazionalizzazione (logistica, reti di vendita, avviamento di relazioni commerciali). La dimensione delle imprese è stato un fattore importante. I grandi gruppi industriali, scarsamente orientati ai beni di consumo e specializzati invece in beni di investimento, stanno vendendo con successo tecnologie e beni di lusso nei mercati emergenti. Le ultime trimestrali delle multinazionali, da Bmw a Volkswagen, da Siemens a Infineon sono tutte all’insegna dell’ottimismo grazie ai mercati emergenti e alla debolezza dell’euro (dall’inizio dell’anno - 10% sul dollaro). Export e investimenti costituiscono i pilastri della crescita. La metà del pil è prodotta dagli scambi internazionali, in forte crescita grazie anche all’azione del governo che ha ben supportato le imprese nell’espansione all’estero. Dietro la poderosa ripartenza dell’export tedesco c’è infatti un sistema di supporto alle imprese e di promozione del made in Germany che va a nozze con la forte domanda in arrivo dai Paesi asiatici. Effetti positivi sono inoltre derivati dalle riforme del mercato del lavoro (i “pacchetti Harz”) che hanno tolto un po’ di gesso alle relazioni industriali e al sistema di welfare , ma soprattutto gli accordi aziendali e di categoria tra imprese e sindacati che hanno perseguito un equilibrio tra salario reale, investimenti, livelli occupazionali e produttività del lavoro.
Nessun “miracolo”, dunque, ma più realisticamente una precisa strategia economica ben sostenuta da una illuminata politica di sviluppo che sta rilanciando a pieno titolo Berlino nel ruolo di leader continentale. Grazie alla “locomotiva” tedesca l’Europa può così guardare dall’alto l’America, reduce da una primavera assai meno brillante (+ 0,6%) e archiviare con rinnovata speranza un semestre ricordato solo per la crisi greca e i sinistri presagi di collasso dell’euro.
Il boom tedesco traina l’Europa fuori dalle secche della crisi mettendo però a nudo, impietosamente, i ritardi e le contraddizioni dei sistemi economici degli altri Paesi europei, alle prese con riforme che tardano ad arrivare e con una classe politica priva di una efficace bussola economica …
Un’Europa a due velocità: la Germania è cresciuta oltre cinque volte l’Italia e quasi quattro volte la Francia. Doppiata pure la Gran Bretagna. Spagna e Portogallo, appaiate da un modesto + 0,2%, faticano a ritrovare la via della crescita, mentre la Grecia è in piena apnea (-1,5%). Un differenziale economico che va colmato presto, perché -e non è un paradosso- la Germania ha bisogno dell’Unione europea molto più degli altri Paesi. Il fallimento dell’Ue avrebbe conseguenze catastrofiche per Berlino. Il 50% delle esportazioni tedesche sono verso l’Europa. “La fine dell’euro, secondo il parere del politologo tedesco Josef Joffe , avrebbe come effetto l’aumento del valore della moneta tedesca ma distruggerebbe il modello economico del Paese che dipende appunto dalle esportazioni”. La Germania ha cioè un fortissimo interesse politico ed economico a far funzionare la zona euro: in gioco il suo passato, nel ricordo di Helmut Kohl, fautore della moneta unica, ma soprattutto il suo futuro.

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