Ordini Cavallereschi Crucesignati

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lunedì 4 febbraio 2008

Il Sole Illumina tutti gli occhi ma non tutti gli occhi vedono il Sole.

Dott. Pietro Vitale
Il Vicedirettore
Giornalista-Scrittore-Saggista
Il * “Palazzuolo”
Bari
Testo ricavato da letture ed articoli di essoterismo.

Il Solstizio d’Inverno più che celebrare la Festa della Luce ripropone agli uomini la problematica dell’attesa. Infatti, essendo Stazione del Sole contiene un interrogativo di stasi, di regresso e di morte, che si scioglie felicemente nella ripresa del cammino dell’Astro. L’eventualità della fine della vita, adombrata nel sopravanzare delle Tenebre della Notte sulla Luce del Giorno, traduce il principio della Dialettica Universale.
Sul piano psicologico è comprensibile la molteplicità delle personificazioni della Luce discesa sulla Terra, in uno sforzo di attribuire al principio luminoso una nascita diversa da quella degli altri esseri e del tutto indipendente rispetto alla casualità naturale.
In ordine alle mitiche personificazioni della Luce nelle varie parti del mondo antico dobbiamo ricordare che: in Frigia ATTIS, nello Yucatan BACAB, in India KRISHNA, sempre in India BUDDHA, in Cina SCHING SCHIN, in Egitto OSIRIDE, a Babilonia TAMMUZ, nell’Estrema Thule ORO BAL, in Galilea GESU’, pervennero alla vita al di fuori del comune concepimento.
Gli aspetti mitici della problematica e della speranza solare rispondono allo stato d’animo dell’attesa dei popoli e delle generazioni, perciò conducono alla personificazione del culto: il simbolo raccoglie e tramanda le immagini, la riflessione ne ricava gli elementi di un modello etico universale ogni volta che l’uomo si ripiega su sé stesso.
Nella coscienza dell’individuo si compie il collegamento organico con la Luce. La solennità del Solstizio diventa allora veramente festiva, di fatto gli uomini arrivano a scorgervi le linee di un destino comune.
L’attesa della Luce e lo sforzo di ricominciare il cammino stanno a significare che è difficile essere liberi, sono molto più facili il sonno, l’oscurità e l’alienazione. La conoscenza simbolica del Solstizio coincide con la convinzione che la Luce – per manifestarsi – ha bisogno degli uomini; cioè che gli esseri risvegliati si rendano disponibili ad accoglierla e divengano Pietre Viventi di un edificio in perenne rinnovazione.
Ora nella Tradizione il Solstizio si presenta come Tempio dell’Altissimo, oppure come Tempio dell’Umanità!
La Luce comincia ad emergere dalla Pietra per autonoma opera di escavazione e, rispetto ad essa, il Solstizio va inteso come Stasi e Solennità nella stagione invernale, quando la discesa del Sole raggiunge il punto estremo e il tempo della notte sopravanza quella del giorno.
Sembra allora che l’oscurità sia uno spazio profondo e senza varchi, sospeso ad una linea di confine preclusa, che la solitudine sia una condizione di algida immobilità, che il respiro si fermi in un nulla angoscioso. Ma il respiro continua, oltre ogni ragione, a sollevare il petto e nei suoi recessi l’umanità ricerca la memoria di un principio, di una immortalità di cui ha perso il senso, ma che ancora alimenta la speranza e l’attesa.
Quando la mente sembra chiudere ogni passaggio la soccorrono mille storie tramandate di voce in voce e mille miti che parlano al cuore.
L’uomo sull’eco di una Parola esoterica ed escatologica ritrova l’amore che legittima la sua discendenza divina e si dispone al rito e alla esaltazione dell’Eterno Ritorno.
La speranza è un sentimento si università trasparente e festaiola, noi Liberi Muratori nel Solstizio d’Inverno celebriamo questa speranza con la speculazione simbolica propria della Scuola iniziatica di appartenenza.
Un antico detto recita che “il sole illumina tutti gli occhi ma non tutti gli occhi vedono il sole”. Questo evento che noi ricordiamo con tanta partecipata solennità nei nostri templi e nel quale rifondiamo la solidarietà della nostra Fratellanza, sembra vissuto nella cultura contemporanea con evidente superficialità che esaurisce ogni valore nel consumismo e nella mera appartenenza.
La dicotomia tra il nostro modello e quello del mondo profano sembra così profonda da inficiare il passaggio dall’una all’altra posizione, cosicché al fratello massone potrebbe sembrare impossibile ritrovare nello spazio quotidiano valori e principi tanto amorosamente alimentati nel Tempio.
Ma è proprio vero che il secolo non vive più di miti e tradizioni? Il questo tempo di dicembre, che appare così critico alla percezione sensoriale, non c’è più uno spazio dove coltivare la memoria dell’esperienza umana giunta fino a noi nelle codificazioni simboliche e rituali della Tradizione?
Fratelli miei questa terra c’è, anche se ridotta ad un’isoletta sempre più lontana e minacciata da un mare procelloso, ed è quella delle tradizioni popolari che ancora tenacemente resistono specie nell’universo simbolico che attiene al divino e al religioso.
Permettetemi di ricordare a noi tutti alcuni aspetti di tanti usi e consuetudini che forse ci hanno accompagnato nell’infanzia e che dovremo augurarci possano accompagnare l’infanzia delle generazioni future.
In quest’ottica non sembrerà riduttivo – uscendo dai limiti della descrizione etnografica – fissare l’attenzione a quegli elementi più vicini alla nostra cultura di appartenenza.
Anche per le tradizioni popolari il solstizio d’inverno è un momento unico e carico di valori simbolici ed esoterici.
Il sole declina … il sole si affievolisce come la vita di un vecchio ogni giorno di più, ma la speranza che il sole, giunto al limite, rinasca, non abbandona l’uomo che sente confusamente quell’eco alla stessa radice dell’energia vitale.
Quella che unisce tutti gli uomini di tutti i tempi è una storia lunga e tenace, una storia d’amore che noi Fratelli L. M. teniamo accesa e rafforziamo con la celebrazione del solstizio d’inverno nell’Athanor dei nostri templi, e non per noi, non solo per noi, ma affinché il sole ritorni a sorgere per gli occhi di tutti gli uomini.
Tratto dai quaderni di Serenamente – S.O.M.I. d’Italia.

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