Ordini Cavallereschi Crucesignati

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martedì 5 febbraio 2008

Sindone, un caso sempre aperto

Nel 1988 un fragile frammento del sudario di lino più famoso al mondo veniva sottoposto all’esame scientifico del carbonio 14. Il verdetto fu implacabile: il lenzuolo custodito nel Duomo di Torino non poteva essere quello che ha avvolto il corpo di Gesù dopo la crocifissione. Il test aveva infatti stabilito una datazione compresa tra il 1260 e 1390 d.C., ovvero in pieno Medioevo.
Gennaio 2008: una troupe della Bbc ha avuto accesso alla Sindone per una serie di riprese in vista di un nuovo documentario, destinato a riaprire il dibattito. Uno degli autori dello studio al carbonio 14, intervistato, ha di fatto ipotizzato un errore nella datazione.
Il tutto verrà trasmesso durante la vigilia di Pasqua, ma le reazioni già non mancano.
Il problema è che la Sindone non è giunta agli scienziati del Novecento in un contenitore sigillato. Bensì è stata esposta all’aria, custodita in condizioni ignote, maneggiata e parzialmente bruciata nell’incendio del 1532 della cattedrale di Chambéry, trasportata dalla Palestina in Francia. Un lungo e tormentato viaggio nei paesi e nei secoli, che può avere contaminato il lenzuolo rendendo l’esame del carbonio 14 approssimativo.
Se si tratta veramente di un falso medievale, è stato sicuramente ben congeniato: il lino è filato e tessuto a mano a spina di pesce e torcitura in senso orario, una tecnica usata in Medio Oriente ai tempi di Gesù. Sul lenzuolo sono inoltre state ritrovate fibre di cotone, che all’epoca veniva coltivato in Egitto e in Palestina, ma non in Europa, e nessuna fibra di lana.
L’incredibile corrispondenza dei tratti con quella di un corpo crocifisso lascia ancora attoniti gli osservatori, come nel 1898 quando un fotografo notò per la prima volta che l’immagine impressa in negativo era molto più riconoscibile di quella in positivo.
L’uomo della Sindone è un maschio di circa 30 anni, con tratti mediorientali, muscoloso e più alto della media dell’epoca, abituato ai lavori manuali. Le tracce di sangue raccontano il suo martirio e l’assenza dei pollici delle mani, ripiegati all’interno, confermano la lesione al nervo mediano, provocata dai chiodi infissi nei polsi.
L’unica verità fino ad ora scaturita è che nessuno scienziato è fino ad ora riuscito a spiegare come sia stato possibile imprimere l’immagine sul lenzuolo. Il mistero permane.

Alessandra Prioli

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