Ordini Cavallereschi Crucesignati

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domenica 30 dicembre 2007

Giungemmo puri, finimmo impuri (Omar Khayyàm)

Il Grande "Viaggio"

MMDCCLVII – Febbruarius XV Kal
Oggi, nel pieno della stagione delle purificazioni, ritengo importante e doveroso per il bene dell’Ordine, attirare l’attenzione di chi ascolta e sa sentire, sulla gravità di comportamenti che non permettono all’armonia interna di svilupparsi e fluire naturalmente, che non permettono di esportare all’esterno il rigore e l’esemplarità capaci di incidere e modellare ulteriori pietre grezze.
Voglio per questo raccontare di un giovane che venne a conoscenza in un testo di Wirth che l’Arte Reale aveva tra i suoi principi quello di vivere l’esistenza in maniera esemplare, evitando di cadere vittime dell’ignoranza, del fanatismo e dell’ambizione. Quella lettura e l’incontro con un maestro ravvivarono nel giovane la luce ancora flebile e latente; pian piano l’orizzonte si aprì al redivivo viandante, che cominciò a vedere oltre il semplice guardare. Il giovane a questo punto, cercò, chiese e affrontò liberamente la nuova morte spogliandosi dei metalli e riprese il cammino con i suoi antichi fratelli di viaggio, nel rispetto della tradizione.
Egli subito si rese conto delle difficoltà del viaggio, si rese conto che le avversità erano molteplici, e venivano più dal proprio interno e dalla propria area di intervento che non dall’esterno; aveva difficoltà ad avanzare come normalmente farebbe qualunque altro, con semplicità mettendo un passo dietro l’altro; non riusciva a scrollarsi delle cose che lo opprimevano: una dentro di lui e una subito addosso a lui stesso, come fosse una doppia pelle.
A causa della stanchezza dovuta allo sforzo fatto per continuare ugualmente ad avanzare, si fermò e ormai lacero nel fisico decise di sedersi e riposare: “Starò qui solo per poco, il tempo di riprendere fiato” sussurrò a se stesso, ma cadde in un sonno profondissimo che durò a lungo.
Al suo risveglio, si trovò a fare i conti con un orizzonte che si era oltremodo allontanato, non riusciva a vedere bene e cominciò anche a sentire meno, realizzò che i suoi sensi andavano gradualmente perdendo forza. Lo sforzo per vedere e sentire lo astrasse dalla realtà e non si rese conto di essere osservato da tempo; solo per caso, alzando gli occhi verso un albero vicino, vide un uccello di dimensioni medie, colorato in maniera viva ma al contempo sobria, che accortosi di essere stato visto, girando e rigirando la testa volò via leggero come l’aria dopo essersi dato lo slancio consueto. In quel momento ebbe la sensazione di aver capito, di aver trovato finalmente la soluzione al problema che lo andava affliggendo da tempo: il peso. Lui era pesante, pesantissimo e se avesse continuato ad essere tale non solo non avrebbe mai volato (come sognava), ma non sarebbe riuscito neanche a fare molta strada con i piedi in terra, che del resto era il modo naturale e più congeniale a lui per spostarsi. Capì che doveva fare qualche cosa per essere più leggero... Capì che si era liberato solo dei metalli esteriori e superficiali intorno a lui ma non dei propri metalli interiori.
Questa verità anziché intristirlo e renderlo malinconico per il fallimento svelato, lo mise di buon umore, lo rese allegro, tanto allegro che scoppiò i una risata fragorosa, talmente forte da richiamare l’attenzione dei suoi fratelli, i quali, non tanto lontani come lui credeva, lo raggiunsero. Levatosi in piedi li guardò uno ad uno... e la risata divenne generale, la felicità avviluppò tutta la compagnia, tutti furono felici per un fratello che si era spogliato veramente dei metalli, di tutti i metalli.
Al giovane fu chiarito che “Spogliarsi dei metalli” non significa solamente rinunciare ad essi, significava soprattutto scegliere liberamente un modo di essere per essere privi di qualsiasi cosa potesse influenzare negativamente l’energia necessaria a svolgere il lavoro che aveva scelto di fare in assoluta libertà e per propria volontà.
Come il giovane del racconto, noi tutti dobbiamo lasciarci definitivamente alle spalle i metalli che ci impediscono di essere dei buoni apprendisti.
L’ignoranza, che ci trasforma in semplici portatori di insegne, fregi e cariche con la presunzione di essere per questo illuminati dalla verità;
Il fanatismo, che induce a controllare maggiormente gli altri fratelli piuttosto che noi stessi e in più ci spinge a proporci come modelli da imitare;
L’ambizione, che sfruttando e utilizzando l’ignoranza e il fanatismo solo per fini personali, ostacola il percorso verso il compimento della nostra propria “Grande Opera”; l’ambizione figlia dell’orgoglio e dell’egocentrismo, madre della vanità, che pian piano soffoca il fuoco della conoscenza per dare spazio ad una illusoria ed effimera luce opaca.

Per essere iniziati degni di definirsi tali, si deve lavorare su se stessi con gli altri e per gli altri, si devono modestamente mettere a disposizione le proprie energie per il bene comune, affinché vi sia uno scambio vero ed effettivo, cosciente e consapevole, il solo in grado di farci pervenire alla luce.
Per noi iniziati non c’è e non deve esserci posto per quei metalli rappresentati da sentimenti e da emozioni che influenzano le nostre coscienze solo per soddisfare il nostro proprio ego.
Vigili e attenti, nel rispetto e per la continuità della tradizione che ci è stata tramandata e di cui ci siamo liberamente fatti carico, applicando una semplice logica matematica e una ordinata disciplina, dobbiamo saper distinguere senza emozioni e senza sentimenti superflui ciò che è giusto e ciò che non è giusto per il bene dell’Ordine, che altri non è se non il bene universale, rappresentato dall’Eterna Essenza dell’Essere insita e viva in ogni forma vivente e apparentemente non vivente, presente nell’universo... che continuamente e costantemente si manifesta a noi tutti.
Tratto dai Quaderni di Serenamente- S.O.M.I.

IPSE DIXIT-Massoni e/o Templari massoni?

Sulla Massoneria e sui Cavalieri del Tempio esistono così tante leggende ed ipotesi, non adeguatamente supportate da riscontri scientifici, che nulla vieta di aggiungerne altre, partendo da alcuni riscontri obiettivi e, transitando poi, tra le nebbie della suggestione.

I nove cavalieri che si presentarono a re Baldovino non erano guerrieri in senso stretto e, infatti, non furono aggregati alle truppe combattenti; non erano portatori di un messaggio religioso ed erano sconosciuti all’autorità ecclesiastica di Gerusalemme (non avevano, infatti, messaggi per essa) né si erano curati di intraprendere relazioni con i Cavalieri del Santo Sepolcro che già erano a Gerusalemme.

Erano cadetti di famiglie nobili che vestivano le insegne francesi ed esibivano la Croce di Lorena e, forse, cercavano un loro spazio all’estero. Furono alloggiati nelle stalle annesse al Tempio di Salomone e ben presto iniziarono a scortare i pellegrini che sbarcavano in Terra Santa, accompagnandoli ai luoghi sacri e contemporaneamente iniziarono a lavorare per migliorare la loro sede.

Uomini operativi, senza dubbio cavalieri, ma anche scudieri, cappellani, maniscalchi, factotum e, dal Sinodo di Troyes del 1128, grazie a San Bernardo di Chiaravalle che li doterà di una Regola, anche guerrieri cristiani (nova militia). Secondo Matthew Paris, parteciparono per la prima volta ad una battaglia contro i musulmani solo nel 1133.

Papa Eugenio III (1145-53) li autorizzò ad esibire la Croce cristiana e, grazie a ciò, poterono pienamente essere definiti “militia Christi”, assumendo, cioè, il titolo che Papa Urbano II (1088-99) aveva attribuito ai partecipanti alla prima Crociata.

I Cavalieri, che divennero abili e temuti combattenti, erano Templari “di prima categoria”, quelli che dovevano avere nobili origini e che pronunciavano i voti di castità, obbedienza e comunione dei beni.

L’Ordine, come qualsiasi esercito o comunità organizzata, non poteva sopravvivere senza la logistica, l’amministrazione, le relazioni pubbliche, lo sviluppo, i dirigenti ecc. e, come in qualsiasi esercito i vari reparti avevano un loro ruolo ed un loro spazio, creando un cameratismo interno che distingueva gli uni dagli altri. I guerrieri ed i capi, generalmente nobili di estrazione elitaria, rappresentativi della migliore società; gli altri, invece, scelti anche in virtù della capacità di soddisfare le esigenze concrete ed ordinarie della comunità.

Questo “sottobosco”, secondo alcuni, finì col dotarsi di regole proprie, parallele e segrete, alla stregua di quanto facevano, in quei tempi, le corporazioni di mestiere in Europa. Quando il loro esercito non servì più, per l’abbandono della Terra Santa, ed anzi fu malvisto da molti Signori dell’epoca che non gradivano un potere militare forte, alternativo a quello loro, furono proprio i rappresentanti non militari ad essere “meglio visti” e questi, vedendo esaltato il loro ruolo, penetrarono più facilmente nei ranghi della nomenclatura civile che diventava sempre più “borghese” e, in conseguenza della loro ascesa sociale, acquisirono anche all’interno dell’Ordine Templare quel prestigio che antecedentemente apparteneva solo ai Cavalieri.

Il passaggio successivo fu che i sapienti, gli scienziati, gli artigiani e gli operativi Templari, divennero contigui ai “colleghi” esterni, anch’essi sempre meglio inseriti nella società e, in modo particolare ai Liberi Muratori, la cui presenza, peraltro, era già diffusa all’interno dell’Ordine del Tempio, come dimostra la lapide ( ma non è la sola) con simboli Templari e Massonici, conservata al Museo Rockefeller di Gerusalemme, rinvenuta tra le rovine del castello templare di Athlit in Terra Santa, abbandonato dai Cavalieri nel 1291, e quindi, precedente a tale data. Anche a Teggiano (Campania) in una chiesa recentemente restaurata sono stati riscontrati evidenti simboli Templari e Massonici.

Due documenti, la Charta di Bologna del 1240, ed il Poema Regius del 1350 che fa riferimento a fatti già noti precedentemente, sono Statuti di corporazioni muratorie, dotate di regole non solo operative, tali da far identificare gli aderenti come precursori dei moderni Liberi Muratori = Massoni, cioè di associazioni che perseguivano sia la maestria del fare sia quella dell’essere.

Il Cavaliere cui appartenne la lapide di Athlit non doveva essere certamente un tagliapietre miracolosamente divenuto Cavaliere, ma un Muratore Accettato, cioè uno dei personaggi di elevate qualità che i Muratori affiliavano e iniziavano all’arte spirituale e metodologica massonica, ed era inoltre qualcuno che attribuiva tanta importanza alla Massoneria da desiderare che sulla sua lapide di Templare apparisse quel simbolo accanto a quello di Povero Cavaliere di Cristo.

Come dimenticare poi, il bassorilievo nella Cappella di Rosslyn (sotto riprodotto) in cui molti riconoscono un Templare che conduce un Massone all’Iniziazione? Il Templare lo conduce in qualità di Esperto (= ufficiale massonico); si ricordi inoltre, che l’Iniziazione Massonica può, e poteva, essere concessa solo da un Maestro Venerabile, unico autorizzato a conferire l’ Iniziazione Massonica.

I Templari non militari furono quelli che più facilmente si salvarono, grazie soprattutto alla loro minore visibilità e all’aiuto che ricevettero dai tanti amici e parenti e dalle Corporazioni di Mestiere che cominciavano ad affermarsi, in virtù delle ricchezze acquisite, come classe alternativa alla nobiltà ed al clero, anticipando l’inarrestabile futura crescita della borghesia. La capacità dei “sopravvissuti” Templari di inserirsi nella vita quotidiana della società cittadina, ricavando sostentamento e prestigio dalle loro abilità, fu determinante per la loro salvezza.

Questi Templari, meno noti e più facilmente confondibili al resto della popolazione, da soli o forse insieme ad alcuni Templari militari, sarebbero riusciti a fuggire, riparando in Scozia ove, secondo alcuni, ma non ho trovato riscontri in merito, ricostituirono, con la protezione della nobildonna Isabella di Becquart la loro associazione, che però non ebbe più finalità militari né possibilità di crescita esponenziale. Non risulta, peraltro, nessun documento ufficiale in cui re Robert di Scozia abbia ratificato lo scioglimento, o la sospensione, dei Cavalieri Templari esistenti nei suoi territori e sì che avrebbe avuto l’interesse e l’ opportunità, se l’avesse promulgato, a renderlo pubblico. (Baigent & Leigh).

Nel 1309, fatalmente, anche in Scozia iniziarono le persecuzioni: “fu tenuta un’inquisizione a Holyrood e comparvero soltanto due cavalieri perché gli altri erano impegnati a combattere nell’esercito di Bruce, contro gli inglesi”. (Bothwell Gosse). Ed ancora “ci dicono che avendo abbandonato il Tempio, si schierarono sotto le insegne di Robert Bruce e combatterono con lui a Bannockburn. Bruce, in cambio dei loro preziosi servigi, costituì questi Templari in un nuovo sodalizio”. (Haye)

Questo nuovo sodalizio vide l’affermazione dei Templari non militari, che non essendo stati coinvolti nelle guerre tra la Scozia e l’Inghilterra, si unirono ai loro congeneri in tutta la Gran Bretagna, accettando nel loro gruppo anche personaggi di diversa natura (nobili, borghesi, pensatori, ecc.).

Ricordo che, secondo Dom Augustin Calmet, John Claverhous visconte di Dundee era Gran Maestro dell’Ordine dei Templari in Scozia e, quando cadde nella battaglia di Kiliecrankie (1689) indossava la Gran Croce dell’Ordine originale (cioè anteriore al 1307), segno evidente che l’Ordine era a quella data esistente (come continuazione o nuova costituzione?). Il fratello del visconte di Dundee consegnò all’Abbé Calmet la Gran Croce (perché?) e, l’Abate, a sua volta, la consegnò a Lord Mar che succedette al visconte Dundee come Gran Maestro dei Templari di Scozia.

Questi ultimi, che non erano interessati né all’artigianato né al militarismo, favoriti dalla riservatezza cui erano costretti, ma della quale poterono anche giovarsi, trovarono nella sapienzialità e nella libertà di ricerca della conoscenza, il loro fattore unificante, osservando, com’era sempre stato costume dei Templari originari e dei liberi pensatori, abitudini e spiritualità non preconcette, quindi, aperte all’indefessa ricerca della Verità, liberi dai vincoli imposti “da ogni politica e religione” anticipando il futuro ecumenismo.

Conseguentemente il presunto idolo dei Templari, il Bafometto (o la Testa), non sembra essere stato un idolo religioso, piuttosto l’emblema di accoliti uniti dall’interesse per la conoscenza.

Il nome, infatti, deriverebbe etimologicamente da bafè (immersione) e da metis (saggezza) e accrediterebbe l’ipotesi che essi, una volta accolti nell’Ordine dopo aver bussato tre volte ad una porta chiusa (simbolo dell’ignoranza spirituale in cui la materialità ci fa vivere), ricevevano un nuovo “battesimo” simbolico, rinascendo alla fonte della conoscenza, disponendosi così, con l’impegno e l’osservanza del metodo che veniva loro insegnato, ad aspirare alla Conoscenza della Verità.

Anche la Massoneria, dopo che si sia bussato ad una porta chiusa, accoglie i profani nell’Ordine fornendo ad essi un “battesimo” iniziatico che insegnerà loro un metodo operativo: il buon utilizzo degli strumenti personali fisici e spirituali (forza, sensi, ragione, ecc.) allegorizzati da strumenti simbolici, per migliorare se stessi.

Questa metodologia massonica insegnerà all’iniziato, che saprà impegnarsi ed osservare le regole, ad edificare la costruzione del suo tempio spirituale, realizzato il quale potrà essere instradato sulla via che conduce alla ricerca della Conoscenza e della Verità.

Non esistono oggi, e non so se siano mai esistite realmente, promiscuità tra Templari e Massoni; vedo solo affinità, non escludendo che, a livello di singoli e non delle istituzioni, contatti ci siano stati. Entrambe le ideologie percorrono un sentiero ecumenico ed affermano principi e valori etico-solidali sovrapponibili, ma, i primi osservando la centralità dell’insegnamento di Cristo e la Sua Glorificazione, i secondi cercando la centralità spirituale dell’homo faber alla gloria di un difficilmente definibile Ente Supremo.
Tratto dai Quaderni di Serenamente - S.O.M.I. d'Italia

"Il Carlino Periodico Indipendente Di Terra di Bari, Capianata, Terra d'Otranto e Lucania.

Dott. Pietro Vitale
Il Vicedirettore
Il *“Palazzuolo”
Bisceglie Bari

270° anniversario della vittoria di Bitonto.
Sabato 29 maggio 2004, in Bitonto, in concomitanza con la Festa Patronale dell’Immacolata, ad iniziativa de “Il Carlino”, periodico indipendente di Terra di Bari, Capitanata, Terra d’Otranto e Lucania”, diretto da Francesco Laricchia, è stato celebrato il 270° Anniversario della Vittoria delle truppe di Carlo di Borbone su quelle imperiali di Carlo VI d’Asburgo. Infatti il 25 e il 27 maggio 1734 nei pressi della città pugliese si svolse una cruenta battiglia di fanti e cavalieri: da una parte gli Spagnoli comandati dal conte di Montemar, dall’altra gli Austriaci comandati dal principe Pignatelli di Belmonte. Gli imperiali furono completamenti disfatti e presi prigionieri. A seguito dell’evento si arresero tutte le guarnigioni e i castelli del Regno. L’avvento di Carlo al trono di Napoli si stabilizzò definitivamente e il Regno conseghì così la sua piena indipendenza. La manifestazione si è aperta col raduno dei partecipanti presso l’Obelisco commemorativo della Vittoria sito nello spiazzo antistante il Santuario dei SS. Medici. Dopo la Santa Messa in onore dei Caduti celebrata presso la Cripta del Santuario, una corona di fiori è stata deposta sull’Obelisco. Successivamente presso la sala degli specchi del Comune si è svolto un Convegno, presentato da Luciano gentile e condotto da Francesco Laricchia. E’ stato letto un messaggio ben augurante di Carlo di Borbone Due Sicilie. Dopo il saluto del Sindaco Nicola Pice, hanno svolto relazioni: Ulderico Nisticò sulla congiuntura interna e internazionale che accompagnò l’evento; Silvio Vitale sugli aspetti politico-istituzionali; Giuseppe Rella sulle modalità e la portata della battaglia. Tra gli altri studiosi hanno partecipato al convegno ospiti anche: il Cav. Uff. Dott. Pietro Vitale (Cavaliere d’Ufficio del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio e Tenente Commissario del Corpo Militare dell’Ordine di Malta), Cesare Linzalone, Marco Messeri Petruzzelli, Giuseppe Giuffreda, Arcangelo Abatantuono, Antonio Stellacci, Giovanni Salemi, Pietro Golia, Armando Calvano e Eduardo Spagnolo. Durante i lavori è rimasto aperto un banco filatelico dotato di annullo commemorativo con al centro lo stemma delle Due Sicilie e, disposte in cerchio, le scritte 70032 BITONTO (BA) 29/05/2004 PT *REGNO DELLE DUE SICILIE 270° ANNIVERSARIO VITTORIA DI CARLO DI BORBONE. Al banco erano altresì in distribuzione quattro cartolline commemorative realizzate da Francesco Laricchia. Le stesse possono essere richieste al n. 080/9372123.
Poiché l’Obelisco della Vittoria che è stato al centro della manifestazione può senz’altro essere considerato il simbolo dell’indipendenza delle Due Sicilie e della memoria della memoria della Dinastia Borbonica, abbiamo chiesto a Ulderico Nisticò di darcene un breve ragguaglio con riferimento alle scritte che figurano ai quattro lati del monumento.
Commento alle iscrizioni:
PHILIPPO V / HISPAN INDIAR (1) SICILIAE / UTRIUSQUE / REGI / POTENTISSIMO / PIO FELICI /QUOD / AFRIS / DOMITIS / NEAPOLITANUM / REGNUM / DEVICTIS / IUSTO / BELLO / GERMANIS / RECEPERIT / ET CAROLO FILIO OPTIMO / ITALICUS PRIDER / DITIONIBUS AUCTO / ASSIGNAVERIT / MONUMENTUM VICTORIAE / PONI LAETANTES / POPULI VOLUERUNT.
Traduzione:
A Filippo V potentissimo pio fortunato re delle Spagne, delle Indie, dell’una e dell’altra Sicilia, poiché, sottomessi gli Africani, riconquistò, vinti in guerra a forze pari i Tedeschi, il regno di Napoli e lo assegnò al figlio Carlo già legittimo dalla volontà degli Italiani di darsi a lui, i popoli festanti vollero che fosse innalzato questo monumento della vittoria.
Tratto da l’Afiere di Napoli, giugno 2004

sabato 29 dicembre 2007

Difficoltà di vivere: che fare?

Di Angelo Scialpi

Uno degli argomenti che preoccupa particolarmente la vita di oggi è certamente la politica, il modo di fare politica, il modo di essere eletti, il modo di riuscire, quando pur è possibile, a percorrere un iter legislativo prima che possa diventare legge dello stato a favore dei cittadini. Si assiste ad una sorta di ingorgo legislativo generale che invece di aiutare a risolvere i problemi della gente, a segnare ciò che è giusto da ciò che è sbagliato, ciò che è un diritto da ciò che ti viene sottratto, l’agire per giustizia dall’agire per tornaconto personale, finisce col lasciarti inerme, spesso soccombente, quasi sempre perdente. Sembra che ognuno agisca e pensi secondo il proprio modo di essere o di vedere le cose, dichiarando e sostenendo il falso anche quando la verità è cosa manifesta. Avverti la sensazione che l’istituzione si adegua al referente di turno, e non viceversa.
In questo modo di agire e di vedere la cosa pubblica, sembra essersi innestato il semplice modo di agire e di pensare tipico delle faccende domestiche, personali, di strada. Ci si comporta come in un alterco personale anche quando si rappresenta le istituzioni; si cambia quanto è stato fatto in precedenza soltanto perché si vuole imporre un proprio modo di vivere, un modo personale di rendersi superiori, un modo personale di creare dipendenze. Il cittadino è quasi ridotto all’impotenza, sia perché se reagisce gliela fanno pagare cara, sia perché il controllo e la valutazione delle azioni amministrative, in genere, non appartiene al nostro modo di vedere le cose, o, almeno, alle nostre aspettative.
Acquisito un diritto diviene difficile, se non impossibile, acquisire umiltà, buon senso e senso dell’onesta obiettiva. Il profilo morale si confonde sempre più con il profilo personale caratteriale e comportamentale.
Qualcuno va affermando che gli interessi bancari sono aumentati di troppo e che la gente non riesce più a pagare la rata del mutuo contratto qualche tempo fa per acquistare l’agognata casa; qualche altro sostiene, a giusta ragione, che gli stipendi dei lavoratori italiani, vera emergenza nazionale, sono i più bassi nei paesi europei; altri ancora sostengono che mantenere un figlio o una semplice automobile occorrono 4/ 500 euro al mese. Come si fa se si possiedono due figli e una automobile?
Un cittadino ha tanti doveri economici da assolvere durante l’anno, che non riguardano soltanto il mangiare, m anche altri beni di prima necessità come: le bollette imprevedibili del gas, della luce, del telefono, dell’acqua, dell’assicurazione auto, le tasse di proprietà, la tassa per lo smaltimento dei rifiuti, l’ICI; qualche volta bisogna fare anche il tagliando auto, recarsi dal dentista, al laboratorio analisi; e poi c’è l’imprevisto, sempre in agguato dietro l’angolo.
Io penso che l’operaio italiano riesca a malapena a far fronte ai bisogni che ho appena elencato con i suoi 13 stipendi da mille euro
Perché accade tanto in Italia? Perché, invece, lo stipendio dei tanti parlamentari italiani è il più alto d’Europa (Mi pare di aver sentito che lo stipendio del presidente francese è di 8 mila euro!?); i tassi e le spese bancarie sono al limite della sostenibilità; le aliquote fiscali sono ormai ingovernabili, per non parlare degli autovelox traditori che potrebbero anche costringerti a chiedere l’elemosina e del tanto, ma proprio tanto, che assilla e vessa il cittadino qualsiasi attraverso gli spot pubblicitari pagati a suon di miliardi sempre alle stesse persone, incapaci di ripetere una stupida parola in lingua inglese. Farebbero meglio a pronunciarla nel loro dialetto di origine.
D’altro canto, quando vieni chiamato al telefono all’ora di pranzo e la sera tardi, non puoi nemmeno accennare alla pronuncia di una parola di ipotetico assenso che si trasforma in contratto firmato in bianco, come testimoniano le varie bollette che raggiungono i cittadini a loro insaputa e dalle quali riescono difficilmente a liberarsene. Sei attaccato da chiunque e se non rispondi ti trovi intrappolato da impegni impensabili che soltanto l’agire per delinquenza riesce a giustificare. Contratti cambiati, profili diversificati, richieste di pagamento a tua insaputa, e via di seguito, silenzio-assenso anche per richieste che non ti riguardano affatto.
Le cose non cambiano più di tanto nemmeno se diventi dirigente: stai soltanto meglio di prima, ma se sei sovraccaricato di responsabilità e di rischi.
Le cose cambiano se invece diventi dirigente di altri enti (compresi quelli che chiamano inutili), dove le migliaia di euro non si contano più e dove sembra che tutte le entrate debbano servire per pagare lo stipendio e la buona uscita del capo. Questi enti sono per davvero tanti in Italia (e continuano a permanere) per cui sembra proprio dover lavorare per questi papaveri.
Per non parlare del caro gol, degli ammiccamenti vari, degli inviti a possedere due, tre, quattro numeri telefonici di gestori diversi, della musica serena e meravigliosa usata per vendere stupidate, delle grandi riflessioni di pensiero per smaltire inutilità.
Quanta gente parla a vanvera continuamente in cambio di compensi elevatissimi, da qualsiasi pulpito. Il quadro è preoccupante! A volte pensi che di te non se ne frega nessuno, o ti reputa talmente cretino che può dire qualsiasi cosa, sempre, puntando sull’oblio generale e sul valore della parola che dura soltanto qualche secondo, nonostante rappresenta l’eternità.
Una volta gli incarichi politico-amministrativi erano gratuiti, o quasi; oggi sono tanti e ben pagati. Una volta i partiti erano pochi e si sostenevano con il tesseramento degli iscritti, come una qualsiasi associazione; oggi sono tanti e ottimamente sostenuti con denaro pubblico, nonostante il referendum: è quasi un affare possedere un partito-famiglia. Una volta i sindacati introitavano soltanto le quote degli associati; oggi hanno contributi che si e non vengono riportati in bilancio, comunque non sono soggetti all’accountability. Casta crea casta, altrimenti non si regge nessuno, per non parlare delle lobbies. E allora? Pare che non si salvi proprio nessuno! L’altra sera Report (per fortuna qualcuno riesce ancora a farlo) ha trattato il caso Parmalat; è quasi impossibile farlo comprendere a tutti, tanto è complesso. Sembra che di Parma abbia poco, ma di latte da mungere tantissimo.
Se non fosse per quell’amore sviscerato per il proprio paese, uno penserebbe e farebbe altre cose, ma poi pensa che sono tanti coloro che fanno i comodi propri a svantaggio del cittadino che funge soltanto da para vento e da claque per i potenti, e allora rimani, almeno per non perdere il senso della libertà e quella dell’opinione, anche se velata dalla parvenza del diritto.
Il cittadino perbene ha sempre lottato per conferire dignità alla sua persona e, attraverso essa, alla famiglia ed al Paese; qualcosa di irreparabile si è innescato nel meccanismo positivo del progresso civile che non ci ha permesso di perseguire gli ideali, la evoluzione, la crescita democratica e il rispetto della madre patria. Chissà, forse anche noi, novelli pionieri della rivoluzione culturale italiana anni 60/70, abbiamo peccato di presunzione e di immobilismo, forse anche di egoismo!

venerdì 28 dicembre 2007

Il Sorriso della Fratellanza

Sorriso, di Angelo Scialpi - 26/12/2007 -23.41

Pensa al mondo, ma bada a te.
Ascolta tutti, ma la tua voce in particolare.
Sorridi quando puoi, ma non scoprire dolcezze.
Cammina liberamente, ma non farti osservare.

Dona quando puoi, ma fai solo intendere la bontà.
Rifletti sulla vita, ma ricerca il divenire delle cose.
Senti gli eventi, ma spiegati il perché.
Sostieni le insolenze, ma agisci in autonomia.
Incontra la gente, ma parla dopo averla sentita.

Segui con sguardo associato, ma tieni la mano allungata.
Ammira le cose della natura, ma irradiale di bellezza.
Sostieni il dolore, ma reggilo saldo con la forza.
Affronta ogni cosa, ma con sapienza.

Smisurato è il male, ma immenso l’amore
che racchiude l’eternità.

Scoppia il Caso dei Blogger

"Per prodotto editoriale si intende qualsiasi prodotto contraddistinto da finalità di informazione, di formazione, di divulgazione, di intrattenimento che si destinato alla pubblicazione, quali che siano la forma nella quale esso viene diffuso. (dal Ddl del 3 agosto 2007)
Il disegno di legge/il testo impone ai diari in rete l’iscrizione obbligatoria al Roc.
CORECOM: “Sanzioni solo se c’è informazione”.
Una scossa di terremoto ha fatto tremare l’universo dei blog, i diari in rete che da dieci anni proliferano nel mondo virtuale e che hanno preso il sopravvento sulla loro ormai obsoleta versione cartacea. Il 3 agosto 2007 è stato emanato un disegno di legge che prevede una nuova disciplina dell’editoria e la delega al governo, per l’emanazione di un testo unico sul riordino della legislazione di questo settore. Approvato lo scorso 12 ottobre dal governo, è adesso all’esame del parlamento. L’obbiettivo è di porre fine al caos normativo in materia editoriale, eliminando tutte le ambiguità, in particolare quelle riguardante internet, contenute nella legge 62 del 7 marzo 2001. Ma all’orizzonte si profilano ancora ombre sulla questione. Il fulmine a ciel sereno che si è scagliato contro i blogger scatenando una vera e propria tempesta on line, è l’obbligo, imposto a tutti i prodotti editoriali, di iscriversi al Roc, il registro degli operatori di comunicazione, custodito dall’Autorità competente. Sembrerebbe che non ci sia stata alcuna variazione rispetto alla legge 62/01, che già prevedeva questa registrazione. In realtà, qualcosa è cambiato: lo stesso concetto di “prodotto editoriale”. Esso non è più definito come “un supporto cartaceo o informativo destinato alla pubblicazione o alla diffusione di informazione presso il pubblico con ogni mezzo, anche elettronico” ma come “un prodotto con finalità di informazione, formazione, divulgazione, intrattenimento destinato alla pubblicazione”. Sottili modifiche che farebbero rientrare nella definizione anche i blog. Ma cosa comporta in termini pratici l’iscrizione al Roc? Burocrazie, pagamenti vari, ma anche sanzioni in caso di diffamazione. Sanzioni che normalmente sono imposte al direttore delle testate giornalistiche, mentre per i blog la questione sarebbe più complicata: a chi verrebbe attribuito il reato nel caso della presenza di commenti diffamatori? “La responsabilità sarebbe del webmaster, a cui è facile risalire. Si tratterebbe di omissione di controllo da parte del creatore del blog e, al tempo stesso, ci sarebbe una colpa congiunta con il provider. Noi proponiamo sanzioni che oscillano dai 10 ai 50 mila euro, poi è l’Autorità a decidere”, spiega Domenico Giotta, direttore del Co.re.com.Puglia, il comitato che, grazie ad un atto aggiuntivo alla convenzione stipulata con l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, può ricevere la delega per la tenuta del Roc. “Il nostro è un potere di vigilanza – continua Giotta – Per le agenzie di stampa e le televisioni è tutto più semplice, anche grazie allo strumento di monitoraggio di cui stiamo per dotarci, con cui controlleremo 24 ore su 24 e sei mesi indietro la 42 emittenti locali. Per internet la situazione è più complessa, ecco il perché dell’emendamento” Il padre della riforma, nonché sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Riccardo Franco Levi, ha cercato di placare le polemiche aggiungendo un comma all’articolo 7, quello riguardante l’attività editoriale on line: esso prevede l’esclusione dall’iscrizione “di chi opera su internet con prodotti come siti personali o collettivi che non costituiscono una organizzazione imprenditoriale del lavoro”. Il punto è che nessun blog può essere ritenuto ad uso puramente personale, essendo letto da tante persone. “Il problema non si pone – assicura il direttore – Il nostro comitato non interviene nel caso dei blog di vita privata, non solo se c’è informazione. I blogger possono stare tranquilli. La cosa fondamentale è tutelare gli interessi dei più deboli”. Un caso, quello divampato negli ultimi mesi, che ha sollevato le critiche degli altri Paesi per via di un’iniziativa considerata un bavaglio alla libera circolazione di idee. A questo punto non resta che attendere la decisione del parlamento e capire quali saranno le reali conseguenze che la nuova legislazione potrebbe provocare. Tratto da Medi@terraneo news, di Barbara Masulli- novembre 2007

giovedì 27 dicembre 2007

Fratello mio sei nella casa del Padre!

Tu sei "dio",
“…sono nato nudo, dice Dio, perché tu sappia spogliarti di te stesso.
Sono nato povero perché tu possa considerarmi l’unica ricchezza.
Sono nato in una stalla perché tu impari a santificare ogni ambiente.
Sono nato debole, dice Dio, perché tu non abbia mai paura di me.
Sono nato per amore, perché tu non dubiti mai del mio amore.
Sono nato di notte perché tu creda che posso illuminare qualsiasi realtà. Sono nato persona, dice Dio, perché tu non abbia mai a vergognarti di essere te stesso.
Sono nato uomo perché tu possa essere “dio”.
Sono nato perseguitato perché tu sappia accettare le difficoltà.
Sono nato nella semplicità perché tu smetta di essere complicato.
Sono nato nella tua vita, dice Dio, per portare tutti alla casa del Padre”
Anonimo.

Babbo Natale non esiste, non è mai esistito?

Dott. ssa Carlotta Vitale
Scrittrice-attrice di teatro
Il *Palazzuolo”
Bisceglie - Bari

Mito, folklore e credenze religiose.
Babbo Natale unisce in sé queste tradizioni. Con il tempo si sono aggiunte le leggi del marketing che hanno trasformato quello che era un santo vissuto nel IV secolo nella prima icona della globalizzazione dei consumi. L’eterno dilemma di tutti i bambini nel mondo sembra trovare nel tempo la sua risposta. Babbo Natale non esiste, ma è esistito. La tradizione che affianca il Vescovo di Mira, (l’attuale Demre in Turchia). San Nicola, alla consegna dei doni trova giustificazione nelle leggende intorno alla sua vita. Secondo il racconto di Jacopo da Veragine, San Nicola fece trovare dell’oro sul bancone del suo vicino per dissuaderlo dal far prostituire le sue figlie. Nell’Europa meridionale ed orientale per secoli è rimasta la tradizione della consegna dei doni il 6 dicembre, data in cui ricorre la sua morte. Diversamente è accaduto nell’Europa settentrionale, dove la predicazione protestante volle l’abolizione delle festa dei santi per concentrarsi sui giorni liturgici dedicate alle storie bibliche. Tuttavia non si allontanò mai dal folklore popolare la memoria dell’uomo dei doni, separandola, col tempo e definitivamente, dalla figura del santo. La sua immagine rimase per molti secoli”dormiente” finchè gli olandesi trasferirono l’immagine di Sinterklass (la traduzione in fiammingo) di San Nicola nella nuova Amsterdam, l’attuale Manhattan, che portò l’evoluzione linguistica in Santa Claus. All’inizio veniva vestito con costumi di vario colore, per assumere, sul finire dell’Ottocento, la predominanza del rosso nelle cartoline dell’epoca. Vent’anni dopo la Coca Cola studiando un modo per rivolgersi alle nuove generazioni di consumatori, senza rivolgersi direttamente a loro, trovò nell’astuzia artistica di Haddon Sundblom il legame tra Babbo Natale e la bevanda. Il Santa Claus di “Sunny” era perfetto per la multinazionale: più grosso del normale, rosso brillante, allegro e colto in situazioni stravaganti che si concludevano con la bibita come ricompensa. Se da un lato si può dire che la Coca Cola abbia esercitato un’imfluenza nella cultura americana dall’altro bisogna ammettere che essa direttamente ha forgiato il concetto americano di Babbo Natale. Prima delle pubblicità, in America, Babbo Natale era dipinto in vari colori ed in Europa era alto , longilineo e fisicamente malandato. Dopo la pubblicità, Babbo Natale sarebbe per sempre stato un uomo enorme, grasso, sempre contento, sempre rigorosamente vestito di rosso. In una parola la globalizzazione in senso moderno. Dopo la grande guerra Santa Claus si impose anche nell’Europa Meridionale, soppiantando tutte le ricorrenze regionali dei doni ai bambini. San Nicola, Santa Claus, Babbo Natale, nei secoli ha ispirato un lungo filone artistico. Oltre alle numerose leggende che riguardono la vita di San Nicola di Mira, negli ultimi secoli numerosi artisti si sono dedicati alla figura di Santa Claus. Nel 1809 Washington Irving pubblicò A history of New York dove inseriva la figura di San Nicola nelle radici di New York. Nel 1823 Clement Clarke Moore pubblicò An account of a visit from St. Nicholaus, l’opera in cui Babbo Natale compare per la prima volta con le renne. I primi abbozzi dell’icona moderna di Santa Claus si ebbe con il disegnatore satirico dell’Harper’s Weekly Thomas Nast. Dopo la creazione di Sundblom per la Coca-cola, l’ultimo a riprendere, l’immagine di Santa Claus è stato Angy Wharol. Il genio statunitense della pop art fa dinSanta Claus uno dei myths dell’età postmoderna.Tratto da Medi@terraneo news – novembre 2007

Casa mia era una succursale di casa Cupiello

... con una variante:
Parlando del presepe non possiamo non prendere le mosse dal “Natale in Casa Cupiello”, precisamente dalla scena esilarante in cui Edoardo va a svegliare il figlio, un po’ fannullone e sfaticato: “Ueh Tummasì, sùsete, che è tardi…” Dillo a Papà, ti piace u’ presepe?”.
Era una scena molto famigliare, questa di Natale in casa Cupiello, perché a casa mia avevamo un De Filippo in carne ed ossa. Era mio padre, napoletano verace. Il quale somiglia come una goccia d’acqua a Peppino De Filippo, ma aveva la passione per il presepe, come Edoardo. M adi questa bruciante passione, parleremo tra poco.
Prima di entrare in argomento voglio parlarvi dei simboli più significativi del Presepe: sono la mangiatoia e i pastori. A farne parola fu l’evangelista Luca nel secondo capitolo del Terzo Vangelo:
“Ed ella partorì il suo figliolo e lo fasciò, e lo pose a giacere nella mangiatoia, perciocché non vi era luogo per loro nell’albergo”. E gli altri evangelisti? Non ne fanno menzione, ritenendolo un “particolare superfluo”. E di un altro “particolare superfluo” ci parla sempre Luca: “Quando il bambino nacque v’erano in quella stessa contrada dei pastori che vegliarono e facevano di notte la guardia intorno al loro gregge. Ed ecco giunse tra di essi l’Angelo del Signore”:
L’attenzione, dunque, si sposta subito sull’Angelo che annuncia la buona novella, poi sulla “schiera celeste” che sopraggiunge cantando “Gloria in excelsis Deo”. Quindi i riflettori si spostano di nuovo sui pastori che s’affrettano a raggiungere Betlemme per adorare il bambino nel presepio.
Grazie a Luca, il quadro della Natività si arricchisce di uno sfondo prodigioso. Ma ecco entrare in scena l’evangelista Matto. E’ lui e non più Luca – a parlarci dell’adorazione dei Magi e della fuga in Egitto per sfuggire alla strage degli innocenti ordinata da Erode. E a questo punto non posso non parlarvi del “Natale in casa Coppola”. Quello di mio padre era un prese del settecento. Un presepe ereditato da uno zio che papà teneva in grande considerazione come una reliquia. Ogni anno, a dicembre, diventava l’arredo più artistico della nostra dimora. Ma venne la guerra e i tedeschi portarono via., con altre cose preziose, anche il presepe di papà. Avevamo perduto tutto, solo la nostra grande casa era rimasta in piedi. M papà non se ne doleva. Il suo cruccio maggiore era che gli avevano portato via il presepe…e che in quel dicembre postbellico, per la prima volta, non avrebbe potuto fare. Io avevo più o meno cinque anni, frequentavo la prima elementare, e non potevo far nulla per ovviare a quella situazione. Ma tutto ad un tratto un compagno di scuola mi offrì la soluzione in un piatto d’argento. “In cambio della mia squadra di calcio di bottoni, mi aveva dato l’intera Natività, ossia San Giuseppe, la Madonna, il bambino Gesu’ con il Bue e l’Asinello. E in un soldato di re Erode.
Adesso è necessaria una spiegazione. Noi ragazzi usavamo vecchi bottoni come giocatori. Avevamo organizzato un campionato che stato vinto dalla mia squadra, in quanto possedevo giocatori, anzi bottoni, molto gibbosi, che erano un portento in quel particolare gioco. Eravamo in tempi postbellici, e i bottoni scarseggiavano, come altre mercanzie. Di qui la loro preziosità.
E torniamo al baratto. Sia pure a malincuore, lo accettai senza pensarci su due volte anche per cancellare quella tristezza dal volto di mio padre. Il quale, ovviamente, fu felice quando mi presentai con quella Natività.
Papà li per li fu contento, ma poco dopo cominciarono le prime lagnanze. Non erano i pastori che gli avevano rubato i tedeschi, e poi era un presepe striminzito, fatto di pochi elementi. Non sapevo che fare, ma il ‘la’ me lo dette l’arrivo dei cognati: tre mariti e quattro fidanzati delle mi sette sorelle, tutti ospiti dei miei genitori in occasione delle festività natalizie.
Cosa escogitai? Di notte mentre tutti erano nelle braccia di Morfeo, arrivai arrivai quatto quatto nelle stanze dove le vittime designate dormivano profondamente. Munito di una forbice, feci incetta di tutti i bottoni, prendendoli non solo dalle maniche delle giacche, ma anche-e soprattutto-dalle brache dei pantaloni. A quei tempi non erano in uso le chiusure – lampo. E così di buon mattino sparìì con il prezioso malloppo-era l’ultimo giorno di scuola, prima delle vacanze natalizie-e raggiunsi in fretta il mio compagno di scuola. Il quale, come era nei patti, mi diede in cambio tutto il resto del presepe.
Ma il bello – anzi il peggio – doveva ancora venire. Quando giunsi a casa con il voluminoso pacco tra le braccia e mi fu aperta la porta, per poco non mi si ghiacciò il sangue nelle vene. Le mie sorelle erano inviperite, i miei cognati mi guardavano torvamente. E, in aggiunta, erano in grave imbarazzo perché le loro brache erano state tamponate in fretta e furia con spille di sicurezza, quelle che comunemente definiamo da nutrice: tre per i cognati sposati, quattro per i fidanzati. Una precauzione, qust’ultima, presa da zia Candida (una zia zitella che viveva con noi) per mitigare forse il disagio in cui vesavano i cognati più giovani.
A togliermi da quella pericolosa situazione fu mio padre, evidentemente preoccupato che quel pacco finisse in frantumi. “Lasciatelo a me questo birbandello, gli darò io la giusta punizione. Lo chiuderò sottochiave nella mia camera da letto, e lì dovrà digiunare”. Scoppiai in lacrime per il disastroso esito di quella mia buona azione. Ma fu sempre mio padre a darmi sollievo, quando fummo a quattrocchi in camera da letto: ‘Non ti preoccupare. Ti porterò io da mangiare”. E devo confessare che non ci fu pranzo più lauto per me, tanti furono manicaretti e leccornie che papà portò nella mia temporanea prigione. E Lui, anche se stavamo a Natale, era felice come una Pasqua. Con quel presepe, ormai ricco e vario, ricevuto in cambio dei bottoni dei mie cognati. Ma no era finita. Le sorprese – come glòi esami di Edoardo – non finiscono mai. Qualche giorno fa mi arriva un catalogo della Casa d’aste San, Marco in cui viene messa all’asta un presepio del Settecento. Con mia grande meraviglia, lo sfoglio e si accendono alcuni ricordi. Riconosco poi un particolare che mi spinge a telefonare alla San Marco e a chiedere spiegazioni ad un collega, responsabile della sezione antiquario. Il quale mi da una terribile conferma. Quel presepio, anche se di fattura napoletana, proviene dalla germania. Per sbloccarne la vendita all’asta, avrei dovuto produrre una documentazione che attestasse il mio buon diritto. Purtroppo, foto non ne ha, e i testimoni diretti, E Più validi sotto il profilo giuridico, sono ormai passati a miglior vita. Che fare? Mi resta solo la rabbia. Che raggiunge il diapason quando leggo le valutazioni. Quell’elefante che aveva acceso i miei ricordi viene venduto all’incanto ad un prezzo che varia dai 40 ai 60 mila euro.
Come dire, oggi sarei super – milionario con il presepe di papà.
Di Vinicio Coppola

martedì 25 dicembre 2007

La Scuola è l'origine di ogni cosa?

Dott. Pietro Vitale
Vicedirettore
Il * “Palazzuolo”
Bisceglie - Bari

DOPO I BULLI, gli SPINELLI
Scuola/Provocazione del ministro della Sanità: Nas tra i corridoi
Torna l’emergenza droga negli istituti superiori d’Italia.
Anno duro per la scuola italiana. Studenti e insegnanti hanno passato più tempo sulle pagine dei giornali che sui banchi di scuola, tra scandali, professoresse avvenenti e troppo disponibili, bulli irriverenti e filmati più o meno attendibili girati al telefonino. Uno dei più recenti, scovato sull’enasauribile YouTube, vede un professore che prepara uno spinello con i suoi alunni. Poi a metà maggio l’irreparabile: un 15enne morto per aver fumato crak a scuola. Il legame droga-adolescenza, che non è uovo nei licei e negli istituti tecnici del Paese, improvvisamente scandalizza tutti. E come il problema, scandalizza la soluzione proposta. E’ del ministro della Salute Livia Turco l’ultima provocazione: controlli a tappeto nelle scuole italiane da parte dei Nas (nucleo antisofisticazioni). Una proposta arrivata dopo il decreto ministeriale del novembre 2006 che ha ritoccato la legge Fini – Giovanardi sul quantitativo massimo di cannabis consentita per uso personale: da 500 a 1000 mg di principio attivo. Allora si parlava di proibizionismo, ora di repressione. Tanto che il ministero dell’istruzione Giovanni Fioroni ha preferito non raccogliere l’invito della Turco a pronunciarsi sulla questione dei Nas.C’è stato già un intervento in un Liceo di Torino, dove i carabinieri hanno trovato cinque dosi di hashish in un sottoscala, arrestando due minorenni, mentre nel bolognese i rapporti tra polizia e le scuole vanno avanti dall’inizio dell’anno scolastico. Di fronte ha chi l’ha accusata di contraddizione, la Turco ha sottolineato che non bastano i carabinieri, a scuola, ma è necessaria una politica di educazione dei ragazzi alla pericolosità delle droghe che coinvolga anche le famiglie.
Il liceo classico “Quinto Orazio Flacco” di Bari, da sempre ritenuto fortezza per rigidità e controlli, non sembra smosso dall’ondata di polemiche. “Al Flacco nulla è cambiato dopo la proposta del Ministro Turco – ha spiegato la preside Amelia Conte – non abbiamo ricevuto ispezioni. Sbagliano a ritenere la scuola epicentro del problema. Sicuramente la droga circola molto nella società ed è un problema che non va ignorato, ma la soluzione non è sicuramente l’intervento dei Nas”. Non è la prima dirigente scolastica a vedere contraddizioni sulla proposta della Turco. “ La scuola deve svolgere un’azione di informazione preventiva e fornire strumenti culturali per consentire i ragazzi di affrontare con maturità il problema” – ha continuato la preside. “ Il caos mediatico ha gonfiato il problema. Anni fa per l’allarme terroristico ricevevano visite della Digos quasi ogni giorno” Anche allora, forse, si ritenne che la scuola fosse l’origine di ogni cosa.
Tratto da Medi@terraneo news

The International Association of LIONS CLUB

Il bollettino delle nostre riunioni
LIONS CLUB BARI HOST
50°
ANNIVERSARIO DI FONDAZIONE
l’addetto Stampa: Lions Pietro Vitale
Un’evento eccezionale!

Il 17dicembre 2007 presso la Sede Sociale Amministrativa del Lions Club Bari Host è stato organizzato un Intermeeting LIONS – ROTARY.
Il Lions Club Bari Host e il Lions Club “Federico II” insieme con i due Club Rotariani baresi sono stati ospitati per una serata di Cultura e Tradizione. L’incontro è stato programmato dai rispettivi Presidenti Lions: Pasquale Di Ciommo e Adriana Alboreto Tiravanti, con l’adesione di tutti i Soci del Club

L’unione, di fraterna amicizia Rotary - Lions, era già nell’aria da molti anni, i primi passi sono stati mossi organizzando insieme un Concerto musicale di beneficenza, che si perpetua da oltre dieci anni presso l’Hotel Scheraton di
Bari.

Ad ospitare i due Club Rotariani è la sede del prestigioso Parco di Cagno Abbrescia Sala-Arupe, Sede delle riunioni del Direttivo ed amministrativo del Lons Club Bari Host.

I due Club Rotary Bari Castello e Casamassima Terra dei Peuceti, con i loro Presidenti e con tutti i Soci rotariani dei due Clubs hanno dato vita ad un incontro Culturale, in occasione delle prossime festività della natalità. I due Relatori dott. Vinicio Coppola e il dott. Bruno Cardaropoli, hanno intrattenuto i circa 150 presenti in sala con riferimenti culturali parlando dei PRESEPI napoletani.

A Napoli la consuetudine di costruire il presepe per celebrare la ricorrenza del Natale ha tradizioni molto antiche, dato che già nel 1500 era noto il Presepe del Rossellino nella Chiesa di Monteoliveto. Essa, però ha registrato il periodo di massima fioritura tra il 1700 ed il 1800 a causa dell’appoggio entusiastico ricevuto da Carlo di Bordone, che in vari modi favorì artigiani, modellatori e intagliatori di statuine. Egli stesso si dilettava a costruire figurine, che la Regina rivestiva d'abiti preziosi, ed introdusse i sistemi meccanici per far muovere i pastori ed animare così la scena.
Lo scrittore tedesco Goethe (1749-1832) in un suo soggiorno a Napoli restò stupito, com'egli scriveva, del fatto che le più grandi famiglie solevano fare il presepe con sontuoso dispendio di mezzi. In realtà però il presepe napoletano-scrive Alfredo Lombardozzi-ha “due tradizioni: quella colta del presepio artistico del settecento e quella popolare degli artigiani e dei figurini. Tra le due forme d’espressione c’è sempre stato un certo scambio.
Il presepe artistico rappresenta una ricchezza di scene di mercato, di venditori, i portatori di doni, di uomini che danzano la tarantella o sono intenti a lauto pranzo in osteria. Tutti questi personaggi ruotano intorno alla scena sacra della natività, che non si svolge in una grotta, come nei presepi d'altre regioni, ma in un Tempio di stile neoclassico, che più delle volte è un rudere. Lo spazio del presepio, inoltre, è attraversato dal corteo dei Re Magi, che sfoggiano tutta la loro ricchezza in abiti orientali molto raffinati. Le statuette sono in coccio e i volti hanno una molteplicità di espressioni che tendono a mettere in mostra il grottesco e il paradossale dell’esistenza, e nello stesso tempo testimoniano della grande umanità di una cultura.
Le figure del presepe popolare sono, invece, molto più stereotipate, pur non mancando di una loro espressività, soprattutto gestuale. Nella via di San Gregorio Magno, a Napoli, già alcune settimane prima di Natale si assiepano la bancarella dei venditori di presepi che espongono una grande varietà di figure e di pezzi, da quelli più grossolani e di serie a statuette di raffinate fattura. Artistico o popolare che sia, il presepe napoletano ha comunque avuto, e conserva ancora oggi, la proprietà di immettere, nella rappresentazione della scena sacra, che pure mantiene una sua gran dignità, un’infinita serie di scene di vita quotidiana, che testimonia la cultura di una grande città italiana del Meridione”.
Le statuette ed i pastori dei presepi spesso erano opere di artisti celebri come il Sammartino, il Gori, il Trillosh e il De Vivo e sono diventati oggetti ricercati sul mercato dell’antiquariato. Essi sono stati realizzati con materiali diversi: in corallo, in porcellana bianca, cera, in creta, in legno e così via.
Alcuni presepi artistici sono esposti nelle chiese durante il periodo natalizio; gli esempi più belli, in ogni modo, sono conservati nel Museo di San Martino a Napoli e nell’Abbazzia di Montevergine, sede di una mostra permanente.

Orbene, è sempre più grande il desiderio di famiglia e di amore il giorno d’oggi per tutti noi; avvicinarsi al Presepe, con il suo messaggio dell’uomo per l’uomo, ed alle “nostre” tradizioni dell’Italia meridionale, non solo permette di “leggere” nell’animo umano ma contribuisce alla “rinascita” interiore di ogni essere umano.

Da tempo è in atto una guerra silenziosa verso la tradizione millenaria del presepe, in nome di un multiculturalismo abietto e fuori luogo. I grandi magazzini non vendono più i caratteristici pastori, con la scusa di una richiesta diminuita e va sempre più di moda l’albero di Natale, una usanza nordica che incontra sempre più adesioni. Le due espressioni sono lo specchio di due diverse concezioni religiose: quella monoteista e quella animista. Infatti mentre il Bambinello ci ricorda il messaggio di pace e la buona novella, l’albero ci rammenta il periodo nel quale tutti noi vivevamo nelle grandi foreste. Mettere insieme i due simboli è un modo corretto per conciliare tradizioni religiose differenti. Nel presepe si rappresenta il momento culminante dell’amore di Giuseppe e Maria verso il loro fragile figlioletto, destinato in breve tempo a cambiare il mondo ed è triste constatare come, drogati dal consumismo, abbiamo trasformato questo magico momento in un rito di massa, con grandi mangiate e smodate libagioni, acquisti frenetici ed una idolatrica prostrazione al moloch dell’euro. Anche il rito dell’albero, che vuole rammentarci il nostro passato nei boschi, quando le piante ci fornivano riparo dalle intemperie e grande messe di frutti deliziosi, è stato trasformato in un feticcio luccicante colmo di doni inutili e costosi. Senza tener conto della orrida strage di piccoli abeti sacrificati al dio Natale, una gigantesca legnificina che ci fa pensare ad Erode ed alla sua sete di sangue e di morte. Approfittiamo di questi giorni in cui studio e lavoro presentano una pausa per riunire le famiglie, sempre più spesso separate ed a santificare la festa aiutando il prossimo ed innanzitutto cercando di comprendere le ragioni degli altri. Il presepe diverrà in tal modo il simbolo dell’amore familiare e della concordia sociale e, nell’armonica disposizione dei pastori, lo struggente ricordo di un mondo felice perduto da riconquistare.
Buon Natale e un felice anno nuovo a tutti Voi.

Il Mitico Liceo Sc. "E.Fermi" di Bari

Dottor Pietro Vitale
Il * “Palazzuolo”
Bisceglie Bari

“Spe salvi facti sumus”

“…la verità e la Conoscenza non si raggiungono con i buoni propositi ma con la determinazione, adottando decisioni; e comportamenti adeguati, coerenti e conseguenti…”

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Presso il prestigioso Liceo Scientifico Statale “E. Fermi” di Bari, il Preside d’Istituto alle ore 13.00 di giovedì 20 dicembre 2007, ha voluto riunire ed incontrare, presso la sala biblioteca, tutto il personale: Docenti ed A.T.A., per i tradizionali auguri Natalizi.

Il Dirigente Scolastico, durante l’incontro ha ascoltato docenti e personale a.t.a. ed a tutti ha dispensato con equilibrio e serenità d’animo, parole di apprezzamento e di incoraggiamento. Promettendosi, infine, di indicare in altro luogo i programmi per il prosieguo dell’anno scolastico in corso.

Cari lettori ed amici, mi permetto di porre alla vostra attenzione il nome dello scienziato Enrico Fermi. Alla quale il nome ha preso il nostro Liceo Scientifico di Bari:

Enrico Fermi nacque a Roma nel 1901; fin dai primi anni della giovinezza fu attratto dallo studio della matematica e della fisica. Superato brillantemente il liceo, fu ammesso alla Scuola Normale di Pisa dove si laureò in fisica nel 1922. Tornato a Roma iniziò un'intensa attività di ricerca presso l'Istituto di Fisica dell'Università, allora diretta da O.M. Corbino, eminente uomo politico e scienziato di chiara fama.
Proprio per le ricerche sui neutroni nel 1938 Fermi ebbe il premio Nobel per la fisica. Recatosi a Stoccolma per ricevere il premio, preferì non rientrare in Italia, soprattutto per le leggi razziali, essendo la moglie di origine ebraica. Da Stoccolma con tutta la famiglia si trasferì in USA, prima come professore presso la Columbia University e poi all'Insitute of Nuclear Studies dell'Università di Chicago, che oggi porta il suo nome.

Perciò, dall’Università di Chicago a Bari, un nome ed un personaggio d’eccezione…e per l’Istituto un Preside d’eccezione…!

Presso il Liceo Scientifico Statale “E. Fermi” di Bari sono preparati nelle loro competenze, non solo i Dirigenti, ma tutto il personale: Docenti ed A.T.A. I cuori pulsanti ed i cervelli sono gli Uffici Amministrativi. Il Dott. Prof. Giuseppe Mario FORENZA è il Capo d’Istituto ed è persona di grande intelligenza e di innate doti manageriali. Egli si avvale, per l’andamento del “Fermi”, la collaborazione dei Proff.: Alfonso MINICHELLI (Vice Preside) e della Prof.ssa Donata FERRARA, all’interno Scuola, opera in concerto i tre uffici tutti occupati di validissimi dipendenti: la Didattica, l’Amministrazione e del Personale.

L’ufficio del Personale Amministrativo come tutti sanno, in ogni apparato istituzionale o privato che si rispetti, è sempre stato l’ago della bilancia ed il trainer di ogni sistema tecnico-operativo. Come esattamente in questo Istituto. Cari Lettori, desidero portare alla V/s attenzione la qualità, la competenza, e la professionalità di tutti i componenti dell’Ufficio del Personale. Le cui scrivanie sono assegnate ad ognuno, sia per competenza e conoscenza del proprio operato. Competenze individuate ed assegnate dall’efficientissimo e preparatissimo il D.S.G.A., agli Assistenti Amministrativi:

Sig.ra. Concetta NATALE (Capoufficio, collabora con il Preside ed interagisce con il U.S.R. (ex C.S.A.) e per il personale Docente ); Sig.ra. Angela DEBELLIS (coord. di tutto il personale Ausiliario); Sig.ra. Carmen RIGLIETTI (di supporto al personale Docente); Sig. Pietro VITALE al protocollo e servizi vari).

In Cristo, nostra speranza, giungano graditi gli auguri di Buon Natale e felice Anno Nuovo da tutto il personale della Redazione de * il “Palazzuolo” augura al Preside FORENZA ed a tutti i Suoi dipendenti: Docenti e personale A.T.A. Buon lavoro il classico AD MAIORA SEMPER.

Il Maestro Vito Maurogiovanni in scena...

Dott. ssa Carlotta Vitale
Scrittrice ed attrice di teatro
Il * “Palazzuolo”
Bisceglie Bari

Il Presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Puglia Dott.ssa Paola La Forgia ha organizzato un incontro per uno scambio di auguri tra colleghi: sabato 22 dicembre alle 10.30 nella sede dell’Ordine a Bari in via Palazzo di città, 5.
Auguri al mondo dell’informazione con dedica. Quella di Vito Maurogiovanni, scrittore e drammaturgo, autore di 30 libri e 32 commedie, che utilizza il filtro della memoria per trasmettere e salvaguardare antichi saperi e consuetudini dimenticate,
per il tradizionale incontro prima delle festività di Natale. I giornalisti si ritroveranno per rivivere, attraverso i racconti e i ricordi dell’autore, il calore della festa. Il “Maestro” Vito Maurogiovanni ha intrattenuto nella sala delle conferenze dell’Ordine i decani e le nuove leve del giornalismo Pugliese, parlandoci del suo recente libro:

“Il Natale dei Baresi”.

Ma, vediamo chi è il Prof. Vito Maurogiovanni leggendo la sua bibliografia:
Vito Maurogiovanni è nato a Bari il 27 dicembre 1924 nella casa retrobottega del caffè di suo padre, un caffè "nott' e giorno", aperto agli avventori anche nelle lunghe ore notturne.
Vito Maurogiovanni è stato sindacalista, direttore dei telefoni, giornalista, sceneggiatore radiofonico, scrittore e commediografo, bibliotecario in un istituto privato. Ha scritto una trentina di libri, trentadue commedie, e un centinaio di radio-drammi, e nei suoi lavori si avverte sempre la ricerca di quella grande comunicazione che era nel caffè paterno.
Fra i suoi libri, "Eravamo tutti Balilla" (Bari, 1970) un viaggio con gli occhi di ragazzo nel ventennio fascista tra stendardi di cartone, preti, fascisti, e drammatici bombardamenti alleati.
"Nel tempo del silenzio e dei camini" (Bari, 1983) appunti ed impressioni sulle vecchie masserie pugliesi, lo scrittore, come scrive Rita D'Amelio, docente dell'Università degli Studi di Bari "è un compagno di viaggio che comunica senza insegnare, e trasmette la realtà della vita".
La tensione a comunicare e a scoprire mondi vecchi e nuovi è ancora nei tre libri di Selezione dal Reader's Digest "Lo splendore della natura in Italia" (Milano,1976), "Le splendide città italiane" (Milano, 1979), "Cento itinerari italiani" (Milano,1980) e nei volumi "Tournèe in Puglia"(Bari, 1993), "Tournèe in Europa"(Bari, 1996), "Lezioni di telefono"(Fasano, 1996), "Lungo viaggio nella Basilicata del '50" (official web site, 2000).
Notevole la presenza di Maurogiovanni nel teatro, per il quale si serve del linguaggio dialettale, per essere più vicino ai problemi della gente umile. Ecco così "Chidde dì..." (1975), nel quale lo spettacolo di una nave dalla porte d'oro e di argento, e soprattutto dai piatti d'oro e d'argento, aiuta a vincere la miseria antica.
In "Aminueamare" ("Mandorle amare") (1976) appare all'improvviso - a poveracci che non hanno conosciuto mai immagini spettacolari - il teatro Petruzzelli, nei giorni del massimo splendore, ormai spariti per sempre.
Da 25 anni, inoltre, è continuamente messa in scena un'altra pièce del 1974, "Jarche vasce" ("Arco basso"), che ha conseguito successi anche in occasione di una sua rappresentazione a New York. Gli altri scritti teatrali sono indicati nella sezione del sito "opere".
Vito Maurogiovanni ha anche al suo attivo due libri di poesia "Composizione 34" (Bari, 1977) e "I santi di casa mia" (Bari, 1984).
Tommaso Fiore, il meridionalista scrittore caro a Piero Gobetti scrisse su queste composizioni e sul loro autore: «... sono versi nati dalla sua vita, un prodotto naturale di tutto il suo essere poetico, del suo modo di guardare gli altri e sempre a cose sue, a pensieri suoi, al suo modo amaro di concepire la vita con la sua faccia liscia bianchissima con qualcosa di singolarmente puro, da francescano...».

venerdì 14 dicembre 2007

Tre milioni di euro per il Gen. di GdF Speciale

Fabrizio Ravoni
Un regalo di Natale davvero Speciale
Il TAR condanna lo Stato a risarcire il Generale Gdf con 3 mln di euro - la corte dei conti potrebbe avviare una procedura contro Prodi & tps ….
Per ritardare la pubblicazione della sentenza, e sfruttare al massimo i 45 giorni di tempo, è andato addirittura in ferie il magistrato. Il tempo, però, è scaduto; e sui giornali la notizia è iniziata a circolare (ieri l’avevano “Stampa” ed “Italia Oggi”). Per queste ragioni, oggi o al massimo domani il Tar del Lazio renderà nota la sentenza con cui accoglie il ricorso di Roberto Speciale contro la sua rimozione da comandante generale della Guardia di finanza; senza aspettare il 22 dicembre: data che dovrebbe vedere il Senato esprimersi sull’ultimo provvedimento della Finanziaria, il disegno di legge sul welfare. La notizia circolava da tempo nei corridoi del ministero dell’Economia. Non senza qualche disappunto. Dopo il caso di Angelo Maria Petroni (reintegrato dal Tar nel consiglio d’amministrazione della Rai) Padoa-Schioppa incassa la seconda sconfitta. Con l’aggravante, questa volta, del potenziale «danno erariale». Già, perché a compensazione del danno d’immagine subito dall’ex comandante delle Fiamme gialle ad opera del ministro dell’Economia (al Senato l’ha accusato di «slealtà» nelle istituzioni), Speciale aveva chiesto 5 milioni di euro di risarcimento. Il Tar sarebbe orientato ad accordargliene 3. A pagarli deve essere lo Stato. Ed è probabile che la Corte dei conti avvii una procedura di danno erariale nei confronti di chi, con la rimozione, ha innescato il procedimento. Vale a dire, Prodi e Padoa-Schioppa in primo luogo; più qualche alto dirigente del ministero dell’Economia. La rimozione di Speciale da comandante generale della Guardia di finanza è stata decisa dal consiglio dei ministri del 1° giugno scorso; che ha anche ritirato le deleghe a Visco. Una scelta attivata da un provvedimento che contemporaneamente nominava Cosimo D’Arrigo a capo delle Fiamme gialle. E che la Corte dei conti ha faticato non poco a convalidare. A Speciale il governo prometteva un incarico da consigliere proprio della Corte dei conti. Per la burocrazia pubblica si trattava di una di promozione: i magistrati contabili vanno in pensione a 75 anni; mentre tutti gli altri dipendenti pubblici (ed i militari non fanno eccezione) a 65. Speciale, però, non ha accettato l’incarico. Al contrario, pur in presenza di un ricorso al Tar, si è dimesso dalla Guardia di finanza, è rientrato nei ranghi amministrativi dell’Esercito (da cui proveniva), e avendo già 64 anni, è andato in pensione. Per queste ragioni, nella prossima sentenza non verrà chiesto il suo reintegro in grado e in ruolo, com’è invece avvenuto con Petroni. Alla rimozione di Speciale si è arrivati dopo lo scontro (verbale ed epistolare) fra il comandante della Guardia di finanza ed il vice ministro Vincenzo Visco, che all’epoca aveva le deleghe proprio sulle Fiamme gialle. Scontro nato dalla richiesta di Visco di rimuovere 4 ufficiali che indagavano a Milano sulle scalate dell’estate dei «furbetti del quartierino»; in modo particolare sulle operazione Antonveneta e Unipol-Bnl. Speciale si oppose ai trasferimenti e da quel momento i rapporti con Visco precipitarono. Fino al punto che Padoa-Schioppa, al Senato, lo ha accusato di «gravi manchevolezze»; di scarsa «lealtà nelle istituzioni»; di «inadeguatezza al comando». E sono state proprio le parole del ministro dell’Economia a far scattare in Speciale la volontà di procedere al ricorso al Tar contro la sua rimozione da comandante generale. Ricorso che l’ufficiale ha vinto dal 7 novembre scorso (un giorno prima della camera di consiglio su Petroni), ma che soltanto oggi o domani verrà reso pubblico. (Fabrizio Ravoni per “Il Giornale” da: “Dagospia” 13/12/2007)
Tratto da La Circolare Spigolosa
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L'Amor che muove il sole e le altre stelle

Achille della Ragione
Uno straordinario pentagramma
L’amore è una scintilla misteriosa che percorre l’universo e la vita degli uomini e la sua straordinaria potenza è sotto gli occhi di tutti. Immortalato dal sommo poeta: ”L’amor che move il sole e l’altre stelle”, indagato da filosofi di ogni tempo e di ogni luogo ha cambiato nome e definizione, ma è rimasto sempre lo stesso, immutabile: eros per gli antichi, agape per i cristiani, libido per i contemporanei. Si manifesta in varie forme e con diversa intensità, ma come tutte le cose dell’universo risponde ad una finalità. Nell’uomo, come nell’animale, l’attrazione verso l’altro sesso risponde alla necessità di perpetuare la specie, così l’amore verso i figli permette loro di raggiungere l’età adulta. Il sesso è lo strumento creato dall’infinita sapienza della natura per mettere in atto l’amore, ma nell’uomo, animale colto e raffinato, può essere praticato senza scomodare i sentimenti, anzi, i maggiori cultori asseriscono che la perfezione viene raggiunta solo e soltanto quando non è interessato il cuore. La musica con il suo flusso di suoni dolci e modulati ben esprime la dolcezza dell’abbandono, l’impeto delle passioni, il ritmo incalzante dei movimenti, l’estasi dell’orgasmo. Le note, gli acuti, i do di petto trasferiscono sul pentagramma la più dolce melodia dell’universo. Abbia gloria infinita il solerte autore di questa straordinaria sinfonia che ha fissato sul pentagramma, meglio e con più precisione del kamasutra, le infinite variazioni dell’amore. Tratto da L a Circolare Spigolosa
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Service delle donne per le donne

Dott.ssa Carlotta Vitale
scrittrice
de il * “Palazzuolo”
Bisceglie – Bari

Il Lions Club Bari Host in un spirito di totale apertura alla partecipazione diretta delle donne si è arricchito con l’ammissione nell’anno sociale 2003/04 di tante donne Lions di qualità nel servizio che hanno rinforzato le file del Club raggiungendo le 35 unità. Anch’esse, in uno spirito di piena partecipazione nel servizio lionistico, in quest’anno sociale porranno in essere i loro primi services che vogliono indirizzare in favore delle donne. Nell’attività di Service dell’anno sociale in corso è stata deliberata il sostegno ad una nobile causa che viene dalla Lega Italiana contro i Tumori che ha mobilitato principalmente le numerose donne Lions del Club. Questo Service, che affianca i numerosi Service del Club cioè quelli più istituzionali, distrettuali e non , storici dell’associazione, è il primo di un programma di service definito “SERVICE delle DONNE per le DONNE”.
Nel corso di una serata speciale con spettacolo teatrale, svoltasi il 30 novembre scorso presso il Teatro Abeliano di Bari, sono stati raccolti fondi per sostenere un progetto della Lega Italiana contro i Tumori, presieduta dal Prof. Francesco Schittulli, Lions d’Onore del Lions Clu Bari Host: si tratta del “Progetto Enziteto – Ambulatorio per la prevenzione del Tumore al seno”
tratta da Lega Barese.

Un anno con l'Esercito in Puglia 2007

DISCORSO PRONUNCIATO DAL GENERALE DI BRIGATA CARMINANTONIO DEL SORBO, COMANDANTE REGIONALE DELL’ESERCITO IN PUGLIA IN OCCASIONE DELLA PRESENTAZIONE DEL CALENDERSERCITO 2008 E DELLA CONFERENZA STAMPA DI FINE ANNO.

“Autorità, appartenenti alle Associazioni Combattentistiche e d’arma, signore e signori
il Calendesercito è diventato ormai un tradizionale appuntamento con il quale la Forza Armata si rivolge al pubblico per presentare, nello scorrere dei mesi, uno spaccato della sua storia, della sua organizzazione, delle sue numerose attività, in Italia e all’estero.

“Dalla grande guerra a una grande forza 1918 – 2008” è questo il progetto comunicativo per il nuovo anno, a 90 anni dalla fine della Prima Guerra Mondiale. Per non dimenticare la storia di dure prove e di eroici, dolorosi sacrifici, da quelli che segnarono la Grande Guerra a quelli più recenti ben impressi nella nostra memoria, che sollecitano tutti il nostro commosso reverente omaggio.

Il CalendEsercito è stato ideato e realizzato con risorse interne alla Forza Armata. Gli scatti vogliono testimoniare la continuità col passato, per i valori e gli ideali rimasti immutati, e lo straordinario dinamismo, l'autentica passione e la grande professionalità dell’Esercito di oggi. Alle foto d’epoca si abbinano foto “moderne” che raccontano l’attualità degli stessi soggetti ritratti nelle foto d’epoca.

La pubblicazione si apre con una prefazione a cura del Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, Generale di Corpo d'Armata Fabrizio Castagnetti. Il paginone centrale è dedicato ai “due ragazzi della classe 1899”, uomini che hanno vissuto la Prima Guerra Mondiale, Cavalieri di Vittorio Veneto, oggi ultracentenari. Tre sono le sezioni principali:
· i luoghi della memoria;
· gli uomini e i reparti;
· la tecnologia.

Diversi sono anche quest’anno i testimonial pugliesi ed in particolare salentini:

· il Tenente Gianluca LUCHENA di Galatina in copertina, effettivo presso l’Accademia di Modena;
· il CM Laura MACCHIA di Lecce pagina centrale, effettiva presso l’8° RGT Bersaglieri di Caserta;
· 1° CM Gianluca CASTELLUZZO anch’egli di Galatina, mese di luglio 2008, effettivo presso 11° RGT Trasmissioni di Civitavecchia;
· il CM Fabio TOMMASI di Calimera, mese di ottobre, effettivo presso il RGT Lancieri di Novara (5°) di Codroipo.


Gentili ospiti,
l’occasione di questo incontro mi da l’opportunità di presentare un sintetico quadro della situazione dell’Esercito in Puglia ed in particolare dell’area Territoriale.

Dal 1° luglio tutto è cambiato. L’organizzazione territoriale dell’Esercito ha assunto un ruolo più snello e adeguato alla sfida dei tempi. Il Comando Reclutamento e Forze di Completamento “PUGLIA” si è trasformato in Comando Militare Esercito “PUGLIA” e i Distretti Militari di Bari e di Lecce sono diventati Centri Documentali. Si è conclusa così una storia iniziata nel lontano 1870. Quando si parla dei Distretti la mente corre all’organizzazione della leva e l’approccio può essere interdisciplinare: dalla storia militare alla sociologia, dalla demografia a tanta parte del costume dell’Italia contemporanea.

Molti sono stati i personaggi illustri che hanno varcato negli anni la soglia dei Distretti pugliesi come coscritti; ne indicherò solo alcuni, per Bari: Giovanni Laterza classe 1873 editore, Tommaso Fiore classe 1884 scrittore, Giuseppe Di Vittorio classe 1892 sindacalista-politico, Domenico Modugno classe 1928 cantautore, Pino Pàscali classe 1935 scultore, Pasquale Zagaria (in arte Lino Banfi) classe 1936 attore, Renzo Arbore classe 1937 show man, Luciano Canfora classe 1942 filosofo-scrittore, Michele Mirabella classe 1943 giornalista-presentatore, Michele Placido classe 1946 regista-attore, Sergio Rubini classe 1959 regista-attore, Gianenrico Carofiglio classe 1961 magistrato-scrittore, Emilio Solfrizzi classe 1962 attore, Antonio Cassano classe 1982 calciatore. Per Lecce citerò solo alcuni casi: Aldo Moro classe 1916 statista, Tonino Bello classe 1935 vescovo, Carmelo Bene classe 1937 attore, Antonio Palumbo classe 1960 primo soldato di leva vittima del terrorismo.

Il rapporto costante con la società è un obiettivo strategico che si è posto l'Esercito Italiano per promuovere l'immagine della Forza Armata. In questa prospettiva, in Puglia, l'Esercito Italiano ha organizzato o ha partecipato nel corso del 2007 a più di venti manifestazioni di rilevanza regionale ed ha sottoscritto diversi protocolli d’intesa con le Amministrazioni comunali. Dallo sport alla cultura, nessun ambito è stato trascurato, per mostrare la ricchezza di attività della Forza Armata, lo spessore dei valori messi in campo, la professionalità del personale, il rapporto con la storia e la tradizione, l'attenzione per la cultura e la promozione umana.

Desidero portare alla Vostra attenzione alcune importantissime intese concluse tra l’Esercito le realtà locali nel corso del 2007. I due protocolli con le Infermiere Volontarie della Croce Rossa Italiana hanno consentito di meglio monitorizzare la forza assente del Centro Documentale di Bari ed hanno assicurato, presso il Centro di Selezione, la necessaria assistenza alle procedure sanitarie per la selezione dei Volontari a ferma prefissata di un anno.
Colgo l’occasione per salutare le Infermiere Volontarie presenti in sala e ringraziarle per il lavoro che svolgono in qualità di Corpo Ausiliario delle Forza Armate Italiane.

L’accordo con il Parco Nazionale dell’Alta Murgia ha messo allo stesso tavolo le Forze Armate e l’ente gestore del parco per la riduzione dei poligoni occasionali. L’atto è stato uno dei primi del genere in Italia. Le aree utilizzate come poligoni e su cui cessano le servitù militari sono due e si estendono per circa 5 mila ettari, quasi un terzo delle aree che insistono sul parco e utilizzate per esercitazioni. Le aree affrancate sono il poligono Sentinella, nel territorio di Altamura, e il poligono del Monte Scorzone, in agro di Minervino Murge. Restano a disposizione delle Forze Armate invece le aree che ospitano il deposito munizioni di Poggiorsini, il Centro Nodale d’area a Monte Caccia e i tre poligoni occasionali di Torre di Nebbia, Madonna del Buon Cammino e Murge Parisi Vecchia. L’Esercito inoltre si è impegnato a ridurre le giornate di possibile utilizzazione del poligono di Torre di Nebbia da 240 a 200, razionalizzando quelle di effettiva utilizzazione e non più di 100 fatte salve le esigenze addestrative delle Forze Armate e dei Corpi Armati dello Stato. Il protocollo ha previsto l’istituzione di un gruppo permanente di lavoro composto da civili e militari in merito alla realizzazione, osservazione, monitoraggio, salvaguardia e promozione del territorio nel parco mediante l’utilizzazione di risorse umane e di mezzi delle Forze Armate, anche con finanziamenti a carico dell’Ente.

L’accordo di programma quadro tra la Regione Puglia e l’Istituto Geografico Militare di Firenze ha permesso di conseguire diversi obiettivi: favorire la conoscenza, l’utilizzo e lo scambio delle proprie banche dati geografiche; definire procedure operative per la produzione di dati plano-altimetrici, topografici, grafici e numerici definiti nell’ambito dell’intesa tra Stato ed Enti Locali; collaborare per la realizzazione di reti geodetiche, planimetriche e altimetriche di comune interesse; definire criteri e procedure standard di derivazione della cartografia. L’accordo ha previsto, inoltre, la possibilità di svolgere corsi per il personale tecnico della Regione Puglia e degli Enti Locali presso la Scuola di Geodesia, Topografia e Cartografia dell’Istituto Geografico Militare.

Dal punto di vista del reclutamento, la Puglia si conferma una regione felice, per il permanere di una forte aspirazione dei giovani a vestire l’uniforme. I dati relativi al 3° concorso VFP 1 (volontari a ferma prefissata per un anno) 2006/2007 sono positivi:
posti a concorso a livello nazionale: 16.000;
chiamati effettivamente alle armi: 12.164;
domande pervenute a livello nazionale: 36.457;
domande pervenute dalla Puglia: 5.610;
domande presentate da donne pugliesi: 866;
vincitori (uomini e donne) di concorso in Puglia: 2.400;
donne vincitrici di concorso in Puglia: 371;
presentati (uomini e donne) ai reparti d’istruzione provenienti dalla Puglia: 2.089;
donne presentate ai reparti d’istruzione provenienti dalla Puglia: 325;
assegnati ai reparti della Puglia: 1.044 di cui 879 uomini e 165 donne.

Particolarmente curato è stato, inoltre, il rapporto dell'Esercito con la comunicazione esterna, interna e per la promozione dei reclutamenti. Dagli stand promozionali alle conferenze nelle scuole, dalle campagne pubblicitarie alla organizzazione diretta di eventi, nelle piazze valorizzando il rapporto con i singoli individui e nell’etere attraverso le radio e le televisioni, l'Esercito in Puglia, nel corso del 2007, ha cercato un contatto ampio e capillare con la società, introducendo una dialettica innovativa nei rapporti con il mondo civile. A questo scopo hanno contribuito anche i Nuclei Informazioni per il Pubblico di Foggia, di Bari e di Lecce.

Più in particolare, l’incontro odierno partendo dal Calendesercito 2008, punta a mettere in luce il rapporto di cooperazione che si è realizzato fattivamente tra i militari e la società civile. A conferma di ciò, mi piace soffermarmi sui dati di un sondaggio svolto a livello nazionale nel corso del 2007 esattamente nel mese di aprile dal CRM Group su un campione di 1001 cittadini italiani maggiorenni e che dimostra la percezione dell’Esercito Italiano da parte dell’opinione pubblica. Il sondaggio offre dei numeri importanti sull’operato della Forza Armata:
· il 17,3% si ritiene “molto soddisfatto”;
· il 54,6% si ritiene “abbastanza soddisfatto”;
· il 10,6% si ritiene “poco soddisfatto”;
· il 6,2% si ritiene “per niente soddisfatto”; quindi è solo il 6,2% a ritenersi insoddisfatto;
· il 15% del campione ritiene che l’Esercito dovrebbe svolgere altre attività rispetto a quelle compiute normalmente. In particolare, la maggioranza delle indicazioni riguarda una possibile “funzione di controllo della criminalità e di sicurezza delle città”.



Tra i concetti positivi che vengono in mente pensando all’Esercito, sempre secondo il sondaggio, ci sono:
· al 31,6% il concetto di Patria;
· al 16,7% il concetto di senso civico.

L’attuale immagine dell’Esercito è giudicata “positiva” rispetto alle Forze Armate di altri Paesi dal 58,1% del campione intervistato. Con questi lusinghieri risultati io ho concluso il mio intervento, vi ringrazio per l’attenzione.

La tradizionale conferenza di fine anno è il momento migliore per lo scambio auguri con le Autorità civili, militari, con le Associazioni Combattentistiche e d’Arma, con i gentili ospiti, ma in modo particolare con la stampa, le radio e le televisioni. In qualità di Comandante Regionale, auguro a tutti i convenuti ed in particolare ai giornalisti, ai fotografi ed agli operatori di ripresa un Felice Natale e un Nuovo Anno ricco di soddisfazioni personali, familiari, professionali, con la speranza che, in Puglia, i rapporti tra la Forza Armata e il mondo dell’informazione possano sempre più migliorare.
Buon Natale e Felice Anno Nuovo a tutti!”

AREA SCOLASTICO-FORMATIVA
La Scuola di Cavalleria, con sede in Lecce, rappresenta il principale Polo di riferimento dell’Esercito per la specializzazione, qualificazione e aggiornamento di tutti gli Ufficiali, Sottufficiali e Volontari appartenenti all’Arma di Cavalleria. L’Istituto, depositario delle antiche tradizioni della Cavalleria, dispone di un attrezzato Centro Ippico Militare presso il quale vengono periodicamente organizzati Concorsi Ippici Nazionali Salto Ostacoli e Dressage, con notevole afflusso di pubblico e riscontro mediatico. La Scuola è anche centro per la preparazione collegiale all’attività agonistica della Rappresentativa nazionale di Pentathlon Militare dell’Esercito.
I rapporti con le Autorità Civili, Militari, Religiose e le Istituzioni locali sono ottimi. Numerose sono le donazioni volontarie di sangue da parte del personale militare e civile dell’Istituto. Inoltre, è stata siglata una Convenzione con l’Università di Lecce per lo svolgimento presso la Scuola di Tirocini di Formazione per studenti della Facoltà di Ingegneria. Infine, la cittadinanza viene coinvolta annualmente in occasione della ormai tradizionale Celebrazione Eucaristica in onore di San Giorgio, Patrono dell’Arma di Cavalleria, officiata dall’Arcivescovo Metropolita di Lecce.

AREA OPERATIVA
La Brigata Corazzata Pinerolo nel corso del 2007 ha partecipato a numerose attività addestrative ed operative.
Tra le attività addestartive si rammenta l’esercitazione, avvenuta lo scorso mese di novembre, denominata ARRCADE FUSION.
L’attività ha visto l’impiego di tutte le forze del centro sud Italia ed isole impegnate alle dipendenze della Divisione Acqui. La Pinerolo ha avuto la leadership delle cellule di risposta in Germania presso Sennelager. L’esercitazione ha proposto al Divisione Acqui e le Brigate affiliate come forza di intervento Europea. Nel corso del 2007 il Comando della Brigata ha guidato il contingente Nato in Kosovo. Durante tale missione l’elevata professionalità e umanità dei soldati italiani ha consentito di portare a termine numerose attività Cimic (cooperazione civile-militare). Gli Italiani hanno anche vigilato sulla sicurezza del voto .

AREA SUPPORTO LOGISTICO
Il 10° Reggimento Trasporti è un organo della Logistica di aderenza della Forza Armata. In tale contesto dà supporto alle Grandi Unità impegnate in esercitazioni in Patria o in operazioni nei Teatri Operativi.
Esercitazione ex Noble Ligh/steadfast Jackpot 2007 in Solbiate Olona (VA).
Gestione delle attività portuali, ferroviarie ed aeroportuali nell’ambito dell’ Operazione Caronte nel territorio nazionale (Area Italia centro-meridionale nell’asse ROMA-ORTONA). Il Reggimento ha operato all’estero nelle Operazioni svolte in Bosnia, Kosovo, Albania, Macedonia, Afghanistan, Libano. Per l’impegno a favore delle popolazioni italiane e straniere, in occasione di calamità naturali o nel corso di operazioni fuori del terrirorio nazionale il Reggimento ha ricevuto la cittadinanza onoraria della Città di Bari.


L’evento “Presentazione del CalendEsercito 2008” è stato prodotto dal Comando Militare Esercito “Puglia” di Bari a cura dell’Ufficio Reclutamento e Comunicazione.
Capo Ufficio: Col. Luigi Porcelli;
Cerimoniale: Ten. Col. Giovanni Lorusso;
Regia: Magg. Vincenzo Legrottaglie;
Tecnico del Suono: Mar.Ca. Francesco Paradiso;
Segretaria di Produzione: C.le Daniela Radogna;
Musiche: Arcangelo Corelli (1653-1713) 12 Congerti Grossi, op.6
Gioacchino Rossigni (1792-1868)“La Gazza Ladra”, Ouverture;
Ludovico Einaudi (contemporaneo) “I giorni”;
I cd originali sono stati forniti dalla collezione privata della Sig.ra Anna Asimi.

Punto di contatto: Maggiore Vincenzo LEGROTTAGLIE cell 328/9619045 tel. 080-5247099 int. 739

giovedì 13 dicembre 2007

Giuda Iscariota-Atto Unico-di Maurizo Navarra

Personaggi:

Maria, Madre di Gesù
Giovanni
Giuda
Maddalena
Marta
Sara
Rebecca
Anna

Viandante (Sono in Scena Maria, Maddalena e Marta – Entra Sara)
Sara: Maria, Maria perdonami. Devo interrompere il tuo riposo.
Maria: Un’ansia terribile stanotte ferisce il mio cuore di madre. Dimmi quello che devi, ti prego. Non indugiare.
Sara: Perdona il mio esitare. Contro la mia volontà sono messaggera di cattive nuove.
Maria: Sei una delle seguaci di mio Figlio, non è vero?
Sara: Siamo rimasti pochi a seguirlo. Credo.
Maria: Ti prego, parla. Anche se tutto il mio essere trema. Lo sento. Quello che dirai attraverserà il mio cuore come la fredda lama di una spada. Parla, non indugiare.
(Entrano correndo Anna e Rebecca, Sara non riesce a frenare il pianto)
Sara: Tuo figlio è preso e condotto da Caifa.
Anna: Dicono sia stato tradito. Tu Rebecca rimani qui con Maria. Io corro di nuovo al Sinedrio per prendere altre notizie.
(Anna esce)
Maria: I suoi discepoli che hanno mangiato la Pasqua con lui dove sono?
Rebecca: Tutti fuggiti. Dispersi nell’oscurità di questa notte.
Maria: Voglio raggiungere mio figlio. Non voglio essere lontana da lui. Devo sapere quel che accade.
(Il gruppo delle donne si sposta lentamente, seguendo Maria)
Maddalena: Sei sicura di quello che riferisci? Il nostro Rabbi non ha mai fatto male a nessuno.
Maria: Non è questo il momento di indugiare in ragionamenti. Muoviamoci.
Marta: Forse ti confondi Rebecca… Nella notte avranno sorpreso un ladro, un malfattore di certo. Non il nostro Gesù.
Maria: Chi viene correndo? Fermatelo. Forse ci porterà notizie diverse.
(Entra correndo Giuda. Accanto a lui un viandante vestito di vesti ricche che però nasconde il suo volto sotto un grande cappuccio. Il personaggio non lascia mai Giuda, anzi, a volte sembra che gli suggerisca quel che dice)
Giuda: Maria, Maddalena, cosa fate qui?
Maddalena: Giuda. Il Cielo sia lodato sei tu. Quale premura ti fa correre per la strada a quest’ora della notte?
Maria: Tu eri con gli altri insieme a Gesù; dimmi, forse siete stati aggrediti? Attraversi l’oscurità come chi sta fuggendo.
Giuda: Non fuggo. Il buio di questa notte giova a nascondere grandi avvenimenti.
Maddalena: Dove hai lasciato il Maestro?
Maria: Dov’è Gesù?
(Entra Giovanni)
Giovanni: Gesù è oramai davanti a Caifa. E tu Giuda cos’hai da fare qui? Vuoi spingere il tuo tradimento anche verso sua madre o sei ignobile al punto di annunciare di persona l’arresto del figlio a Maria per vedere nascere nei suoi occhi il dolore?
Maria: Giovanni, le tue parole sono fuoco puro per la mia anima. Parlami con chiarezza, come ti ha insegnato il tuo Maestro.
Giovanni: Maria, da questa notte il bacio non sarà più soltanto simbolo di amore. Proprio con un bacio Giuda ha consegnato il nostro Maestro ai suoi aguzzini.
Giuda: Non hai capito. Nessuno di voi ha capito quello che succede stanotte. Perché affermi che io ho tradito? La vostra vile fuga è il vero tradimento del Maestro. Mi avete sempre disprezzato, mi avete sempre accusato di avarizia. Io non sono avaro e non ho tradito. Io do alle cose il giusto valore. Ed ho per questo capito che nessuno di voi ha potuto o saputo comprendere veramente Gesù.
Giovanni: Che dici? Aver tradito il Maestro ti ha forse fatto impazzire?
Giuda: Dico che le cose, i fatti sono andati così perché così doveva accadere. Apri la tua mente alla verità!
Giovanni: Cos’è che non avremmo capito? Di quale verità può parlare uno come te?
Giuda: La verità è che questa notte il Maestro finalmente si manifesterà come Re del nostro popolo. Questo è quanto non riuscite a comprendere.
Giovanni: Menti. Come puoi affermare che vuoi Gesù re? Non sei stato tu di persona a guidare da lui i romani insieme ai servi del Sinedrio? Non sei stato tu a consegnarlo indicandolo con un bacio?
Giuda: Ma è lo stesso Maestro che me lo ha ordinato!
Maddalena: Gesù ha chiesto di essere tradito?
Giuda: Nessuna di voi donne era alla cena; non potete sapere. Ma tu Giovanni eri lì. Il più vicino a Lui. Non ricordi le sue parole? Ha detto: “uno di voi mi tradirà”.
Maria: Lo sapeva. Ne ero certa.
Giovanni: E’ vero. Visto che eravamo turbati e che sospettavamo uno dell’altro disse ancora:…“E’ colui per il quale intingerò un boccone e glie lo darò”.
Giuda: A chi ha dato il boccone?
Giovanni: A te.
Giuda: Dopo aver mangiato il boccone che Gesù mi offriva ho capito. Una chiara luce mi ha da quel momento guidato a comprendere le parole del Maestro. Lui mi conosceva bene, per questo mi ha scelto tra tutti ed ha stabilito che fossi io a trattare con il Sinedrio.
Maddalena: Tu non hai mai capito veramente Gesù. Questo è un fatto. A casa di Simone, in Betania, tu hai disapprovato la donna che aveva unto e profumato il Maestro.
Giuda: Non solo io, tutti disapprovammo quello spreco. Il denaro deve essere impiegato in modo migliore.
Maddalena: Ecco. Ecco il senso della tua avarizia. Non hai capito il Maestro, anche dopo la sua spiegazione che ha reso chiaro a tutti il significato del gesto compiuto dalla donna.
Giovanni: A tutti tranne che a te. Ti stavi sempre più allontanando dai suoi insegnamenti.
Giuda: La mia fiducia nel Maestro, lo riconosco, era molto affievolita; non ne ho fatto mistero, ne avevo parlato a tutti. I suoi miracoli erano straordinari per il nostro popolo, ma quello che diceva non avrebbe mai portato Israele alla ribellione contro i romani.
Maria: Lo hai tradito per questo motivo?
Giuda: Non ho mai nascosto a nessuno la mia appartenenza agli zeloti. Ho sempre pensato che Gesù mi avesse prescelto come seguace proprio per questo, oltre che per darmi la responsabilità di amministrare ed organizzare il nostro gruppo.
Marta: Il tuo comportamento ti avvicina ai sicari più che agli zeloti.
Sara: Il Maestro non ha mai predicato la violenza e la guerra.
Giuda: Perché voi non siete mai stati in grado di capirlo a fondo. Neppure tu, Giovanni, che pretendi di essere il suo discepolo preferito. Ricorda che lo stesso Maestro ti ha umiliato pubblicamente quando hai cercato di ottenere un posto privilegiato accanto a lui con tuo fratello Giacomo.
Giovanni: Anche la gelosia verso di me ti ha mosso a fare questo atto odioso? Era meglio per te che avessi indirizzato contro di me il tuo pugnale.
Giuda: Il mio pugnale non si macchia del sangue dei miei fratelli.
Maria: Misero te Giuda, vedo la macchia di un enorme peccato incombere sulla tua testa.
Giuda: Non sai di cosa parli, donna, non puoi sapere!
(Anna,che è rientrata in tempo per sentire queste ultime frasi, si rivolge duramente a Giuda)
Anna: Del tuo tradimento, ecco di cosa parla. Tutto il Sinedrio, tutta Gerusalemme è al corrente del tuo mercato. Siete in pericolo, soprattutto tu Maria. Restatevene al sicuro qui, potreste correre grave rischio se riconosciuti dalla folla. Andrò nuovamente io in città a cercare altre notizie.
(Le donne si stringono intorno a Maria, come per proteggerla.
Anna esce dopo aver parlato in disparte a Giovanni)
Giuda: I sacerdoti volevano parlare a Gesù. Non sapevano come avvicinarlo riservatamente ... Perché mi costringete a questa conversazione in presenza di sua madre?
Maria: Dunque tu l’hai tradito. Uno dei suoi.
Maddalena: Uno di noi, un suo discepolo gli ha conficcato nella schiena il coltello del tradimento.
Rebecca: Un tradimento che ha avuto un prezzo.
Marta: Gesù, quindi è stato venduto.
Giovanni: Il prezzo dell’inganno, me lo ha confermato Anna, si dice sia stato trenta denari d’argento. Una bella somma per comperare la possibilità di un incontro con chi ha sempre parlato pubblicamente.
Maddalena: Senza mai nascondere se stesso e i propri pensieri.
Giuda: Erano disposti a pagare per l’incontro. Perché non avrei dovuto profittare? Io non getterò via quel denaro, lo farò fruttare.
Giovanni: Il denaro che ti ha offerto Caifa è origine del tuo tradimento?
Giuda: Non è così. Lo ripeto: ad un certo punto della cena sono uscito dalla confusione. E’ stato dopo aver mangiato il boccone che Lui mi aveva offerto, in quel momento dentro di me è entrata la luce. Tutto mi è apparso chiaro. Era arrivato il momento per Gesù di rivelarsi come Re dei giudei e quindi sollevare il popolo contro i romani. L’inizio della rivolta.
Giovanni: Giuda, le tue parole sono dissennate. Il demonio si è messo al tuo fianco.
Giuda: Follia è la vostra. Rammenta che Gesù, dopo avermi indicato pubblicamente come traditore, mi ha perfino pregato di sollecitare la mia azione. Ricordo bene le sue parole e sono convinto che le hai udite anche tu: “Quello che devi fare fallo al più presto”.
Marta: Il Maestro ti avrebbe spinto a tradire se stesso?
Giuda: Taci. Ho seguito Gesù fin dall’inizio con la speranza di vivere questi momenti. Tutti gli zeloti sono pronti all’insurrezione ed anche Roma dovrà chinare la testa davanti ai segni del Messia, del discendente di Davide.
Maria: Giuda, Giuda, il mio peggior nemico ti ha accecato e si è messo al tuo fianco. Il Demonio è con te. I miei occhi lo possono scorgere chiaramente.
Giuda: Cosa dici Maria? Comprendo la tua preoccupazione di madre, ma Gesù sicuramente ora domina il Sinedrio con i suoi prodigi. Si porrà alla testa del suo popolo, ci riscatterà tutti, restituirà ad Israele il suo regno.
Maddalena: Il demonio lo acceca e lo possiede. Quanto asserisce lo dimostra.
Giovanni: Nella tua mente è rimasto impresso soltanto quel che ti conviene? Non hai sentito cosa ha detto il Maestro?. Quanta tristezza, quanta forza nelle sue parole: “Guai a quell’uomo per mezzo del quale il Figlio dell’uomo è consegnato! Era meglio per lui che non fosse nato quell’uomo!”
Giuda: Il disprezzo che nutrite nei miei confronti vi acceca. Il Maestro nascondeva con quelle parole il suo pensiero a voi, con una delle sue solite parabole che solo io ho potuto interpretare in quanto era diretta solo a me.
Giovanni: La tua malvagità e la tua cupidigia non sono una parabola. Sono i frutti del tuo odio e del tuo egoismo.
Giuda: Il Maestro ha detto “guai a quell’uomo”. Quell’uomo ero io, e se non avessi fatto quel che ho fatto sarebbero stati guai per me. Io sono il servo fedele che ha eseguito gli ordini del suo Re. Tutto il potere sarà presto suo ed io sarò il primo dei suoi generali per avergli obbedito.
Maddalena: Volesse il Signore che queste parole non avessero valore. Pazzo, se ciò che dici è vero, il Cristo, l’Agnello di Dio sta per essere sacrificato.
Giuda: Una voce, la sua voce ha parlato chiaramente dentro di me. Ho fatto quel che mi veniva chiesto. Pensavo che tutti avessero capito; altrimenti perché nessuno mi ha fermato dopo le parole del Maestro? Se ho tradito, allora anche tu, Giovanni, hai tradito. La tua inerzia ti condanna.
Giovanni: (turbato) No. Noi tutti eravamo confusi. Non comprendevamo. Ciascuno considerava impossibile che Gesù potesse essere tradito. Ti abbiamo lasciato andare, è vero. Abbiamo ritenuto che il Maestro ti avesse incaricato di comperare qualcosa per la cena.
Maria: Giuda, non hai ascoltato la sua voce. Tu sei stato abbagliato dalla voce del tuo orgoglio.
Giuda: Orgoglio per essere finalmente stato messo al di sopra di tutti. Gesù ultimamente era cambiato, i suoi segni erano finalmente divenuti più palesi. Tutto il popolo ne ha parlato e lo ha accolto a Gerusalemme come un Re. Quando ho visto la resurrezione di Lazzaro ho capito che il Maestro stava mandando a tutti un messaggio importante: il popolo di Israele è immortale. Può vincere anche la morte. Quale esercito si potrà contrapporre alla nostra nazione? Un grande segno, compiuto sotto gli occhi di tutti.
Rebecca: Un miracolo di amore, non di odio e di guerra.
Giuda: Non è il tempo dell’amore questo, ma della guerra. Al momento dell’arresto di Gesù, Pietro, il prescelto, ha estratto la spada. Tutti hanno visto che il suo colpo ha ferito uno dei servi del Sinedrio.
Giovanni: E tutti hanno visto che Gesù lo ha subito risanato.
Maddalena: Un altro miracolo di amore.
Giuda: Storie. Legioni di angeli scenderanno a difenderlo. Ci sarà bottino da spartire ed io sarò alla testa degli zeloti. La notte scolora e nasce il giorno. Un giorno di gloria per Israele. Vado da Caifa a vedere cosa succede.
(Giuda esce di scena seguito dal Viandante – Rientra Anna)
Anna: Hanno consegnato Gesù al governatore dei romani. Il Sinedrio vuole la sua condanna a morte.
Maria: Come può essere messo a morte un giusto?
Sara: Come può permettere il Signore che suo figlio venga immolato?
Rebecca: Forse Giuda ha ragione. La mano del Signore fermerà il carnefice, così come ha fermato la mano di Abramo.
Anna: No, Rebecca, Giuda è accecato dal peccato. Il Maestro ci verrà tolto per sempre!
Maddalena: Quale lamento funebre sarà sufficiente per piangere il Cristo, l’unto del Signore? Come potrò sopportare tutto questo?
Maria: Il mio sangue di madre è già versato. Nel mio cuore si è aperta una ferita che non sarà rimarginata.
Giovanni: Lo aveva detto a tutti noi più volte. L’ultima prima di entrare in Gerusalemme. Noi ascoltavamo le sue parole ma non potevamo crederci. Lui. Proprio Lui il Figlio dell’Uomo consegnato ai pagani, schernito, oltraggiato, flagellato, ucciso.
Maria: Non ci dobbiamo abbandonare alla disperazione. Giovanni, Maddalena, Marta, siatemi vicini. Siate sostegno per il mio dolore.
(Rientra Giuda. E’ sempre seguito dal viandante)
Giuda: I trenta denari glie li ho resi. Non li volevano indietro ed allora li ho gettati sul pavimento del tempio. Sono stato tradito. Io sono stato tradito. La condanna a morte di Gesù non era nei patti. Non era mia volontà.
Maria: Guarda dentro te stesso. Riconosci il male che hai fatto. L’orgoglio e la cupidigia ti hanno accecato.
Giuda: Ho consegnato al Sinedrio tuo figlio. Ho consegnato un innocente che verrà messo a morte senza avere colpa. Un sognatore verrà giustiziato, non un malvagio.
Giovanni: Ora non sei più sicuro di avere interpretato correttamente le sue parole.
Giuda: Sbagli. Ho creduto, credo ancora possibile che egli possa modificare in ogni momento il corso degli eventi.
Maddalena: Il rimorso, però, possiede ora la tua anima.
Giuda: Se si lascerà uccidere, il rimorso per avere provocato un’ingiusta condanna non mi lascerà mai. Ho creduto che Gesù, il Nazareno, fosse il Messia, il Santo. L’unto del Signore che avrebbe ridato ad Israele la grandezza e la libertà. Poco fa l’ho visto in mano ai romani; quasi irriconoscibile.
Maria: Ne hai avuto dunque pietà, sei cosciente del tuo peccato.
Giuda: Ho sperato fino all’ultimo che con uno dei suoi segni distruggesse tutti i suoi nemici e che la corona di spine e gli stracci che gli avevano messo indosso si tramutassero in una corona splendente ed in un mantello regale. Non è accaduto nulla.
Maria: Lo scherno dei malvagi non potrà mai prevalere sulla sua vera regalità.
Giuda: Non un Re. Ho visto un uomo, vi dico. Ho visto un figlio di madre, Gesù il Nazareno. Non il Messia. L’ho pregato di fare il miracolo della sua liberazione; altre volte si era sottratto all’odio dei farisei. L’ho insultato, ho bestemmiato il suo nome, l’ho deriso, ho urlato contro di lui con tutta la mia voce.
Maddalena: Quanto eri, quanto sei sempre stato lontano da Lui!.
Giuda: Lui però mi ha visto. Per un attimo, un attimo immenso, i nostri sguardi si sono incrociati. Mi ha riconosciuto, ha riconosciuto la mia voce che imprecava a lui più di quella di chiunque altro. I suoi occhi. Ho tremato di terrore perché nel suo sguardo c’era l’innocenza, la pace, anche il perdono per quello che avevo fatto.
Maria: Se il pentimento ha toccato il tuo cuore, avrai da me lo stesso perdono che hai visto in mio Figlio.
Marta: Anche il nostro.
Giovanni: Abbandonati al perdono del Signore e il tuo peccato sarà rimesso.
Giuda: Io non chiedo perdono. Nessun perdono potrà mai cancellare quel che ho fatto. Lui sapeva. Sapeva quello che stavo per fare eppure mi ha fatto uscire dalla cena lasciando a me la libertà di scegliere. Se muore il Nazareno morirà un uomo giusto. Io ne sarò per sempre responsabile.
Giovanni: Giuda, il tuo orgoglio ancora ti acceca.
Giuda: No. Io lo odio il Nazareno, con tutto me stesso. Il peso della libertà che mi è stata concessa ora mi schiaccia non lo capite?
Anna: Ti sei liberato del prezzo del tuo tradimento.
Maria: Ma non ti sei liberato da quanto lo aveva determinato.
Maddalena: Il tuo odio non ti abbandona. Vattene al tuo destino, dunque.
Giuda: I suoi occhi. Il suo sguardo.
Giovanni: Cosa vuoi dire ancora? Anche un traditore come te dovrebbe avere pietà davanti al dolore di una madre.
Giuda: Ha distrutto la mia anima insieme ad ogni mia certezza. I suoi occhi mi hanno detto che, soltanto l’avesse voluto avrebbe potuto distruggere non solo chi lo stava torturando, ma tutta Israele, tutta la potenza di Roma, tutto il mondo stesso. Non faceva questo per amore. Soltanto per amore nei confronti dell’uomo. Amore anche verso chi, come me, lo aveva tradito, amore anche verso chi lo stava torturando e che lo stava per uccidere.
Maria: Cedi ad un pentimento sincero Giuda, allontana da te il demonio.
Giuda: E’ tardi. E’ tardi per tutto. Il Messia nel quale credo è un Messia di potenza, un Messia terribile con tutti i nemici del suo popolo eletto. Io, Giuda Iscariota, io lo zelota, pur credendo che Gesù fosse questo Messia, mi sono messo con i suoi nemici ed ho accettato il prezzo del tradimento. Il mio gesto non ha perdono, non posso essere perdonato.
Maria: Rinnega il tuo peccato. Affidati alla clemenza del Signore.
Giuda: No. Vendere il sangue di un innocente è azione che non ha clemenza. Sarò maledetto da tutti, per sempre.
Maria: La grandezza di Gesù non è nei suoi miracoli, ma nel perdono dei peccati.
Giuda: Eppure la sua grandezza ha permesso che il male entrasse dentro di me fino al punto di farmi odiare un innocente e farmelo consegnare ai suoi aguzzini. Ha permesso che io riscuotessi il prezzo del mio tradimento. Poteva salvarsi e salvarmi, fare un miracolo. Mi ha invece lasciato solo, abbandonato a me stesso nel farmi arbitro del mio destino. Che senso avrebbe chiedere ora il suo perdono?
Maria: Il maligno ha inciso a fondo la tua anima e ti impedisce di indirizzarti al pentimento. Non hai saputo leggere nel suo sguardo. Tutto quello che succede oggi io l’ho letto nei suoi occhi sin dal momento che li ha aperti per la prima volta sul mondo. Io …sapevo. Il mio cuore di madre sapeva tutto ed i suoi occhi mi hanno sempre detto di tacere, di accettare con umiltà questo destino fino in fondo. Sono la madre di Gesù. Vieni insieme a me sotto la sua croce, affida nelle sue mani il tuo pentimento.
(Giuda esita, ma il viandante si frappone tra lui e Maria. Lascia intravedere il suo volto)
Viandante: Donna. Non ti comprendo. Non riesco a leggere nel tuo cuore. Il tuo dolore è immenso, eppure non cede alla disperazione. Tu sola ti accorgi della mia presenza. Non posso nulla contro di te, sei dunque una mia nemica. Ti odio per questa mia impotenza e, con te, odio tutti voi esseri umani. Non comprendo perché solo a voi, sciocche e fragili creature, sia stata data la facoltà di pentirvi. Quest’uomo è mio. Sono entrato in lui attraverso la sua avidità. L’ho portato a scegliere l’odio, non il perdono, a scegliere la via della disperazione, non quella della speranza. La sua anima è mia e la sua colpa è la prova del fallimento di tutta l’umanità.
Maria: Non dimenticare che io sono la Madre di Gesù. Intercederò sempre presso mio figlio per chiunque chiederà il mio aiuto togliendo l’odio dal suo cuore. L’angelo del Signore me lo ha detto. Il figlio che ho partorito salverà gli uomini dal peccato e dal male.
(trascinato via dal viandante Giuda sembra cerchi la sua protezione)
Giuda: Cosa ho fatto? Ho coscienza del mio peccato, lo avverto in me. E’ un macigno, un peso insopportabile che grava sulla mia anima. Nessun sollievo sarà mai possibile per questo. Con tutte le mie forze rimango attaccato all’odio per chi mi ha abbandonato a questo destino. Il sangue. Il sangue di un innocente arrossa le mie mani e mi rende impuro per sempre. Voglio fuggire dalla mia colpa, fuggire dalla mia stessa vita….

Il viandante si toglie la cintura che si rivela essere una corda.
Giuda si avvolge la corda al collo e con questa viene trascinato via.

Sipario

(11 cartelle – carattere Calibri 12 – Nr. 20.032 caratteri, spazi inclusi.
Tratto dall'I.R.C. di Umberto Di Grazia