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lunedì 22 ottobre 2007

Il Messaggio Ecumenico di Benedetto XVI

La cutura della convivenza - Una sfida per il nostro Tempo

IL DIALOGO INTERRELIGIOSO come via della Pace
di Antonio Laurenzano

In un mondo tragicamente esposto ai sanguinosi attacchi del fanatismo e della intolleranza, la religione rappresenta un ideale “anello di congiunzione” all’interno della società. Una “chiave di lettura” di ogni processo di pace.
Il conseguimento della pace nei conflitti che insanguinano tante regioni della terra non può cioè prescindere da una condizione essenziale: il dialogo interreligioso e interculturale che non significa perdita di identità ma, al contrario, risponde all’esigenza primaria di comprendere e accettare la “diversità”, nel comune rispetto dei principi inviolabili legati alla dignità della persona.
Un dialogo che, come ha ribadito con fermezza Benedetto XVI in un recente intervento, deve poggiare sulla cultura, sui diritti umani, sul rifiuto della violenza. “Prima ancora della religione, c’è la voce della coscienza e tutti dobbiamo lottare per i valori morali e la difesa dei diritti umani perché il dialogo con le altre religioni non può essere essenzialmente teologico o religioso, ma deve essere un dialogo di culture e civiltà”. Non sono le religioni che devono incontrarsi, ma gli uomini in quanto “colpevoli” delle deviazioni dall’originario messaggio divino. Colpevoli cioè delle differenziazioni religiose che hanno diviso e continuano a dividere attraverso violenze e sopraffazioni intere popolazioni.
Nessuna giustificazione quindi del terrorismo da parte del Papa, tanto meno la legittimazione dell’atteggiamento ambiguo di certo cristianesimo occidentale segnato dal buonismo e dai complessi di colpa. Nel profondo pensiero del Sommo Pontefice è facile scorgere un messaggio di grande portata spirituale: per sopravvivere l’umanità deve abbattere i muri del male e costruire i ponti del bene lungo la strada tracciata nel 1986 da Giovanni Paolo II che, in piena guerra fredda, invitò ad Assisi i leader religiosi del mondo a pregare per la pace.
Iniziativa audace e profetica! Fu l’inizio di un cammino di dialogo, di preghiera e di pace nella consapevolezza che la preghiera non divide, ma unisce.
Il XX secolo ci ha mostrato come le guerre mondiali, la Shoah, i genocidi di massa, i gulag, le ideologie totalitarie hanno seminato morte e distruzioni. Milioni di viti umane sacrificate in nome di ideali aberranti, di logiche sanguinarie. Nel drammatico ricordo di quelle pagine di storia, la pace è irrinunciabile, anche quando appare difficile o disperato perseguirla.
E la via della pace passa necessariamente attraverso lo sforzo di aprirsi al diverso nel rispetto e nella comprensione della sua differenza e della sua specificità.
In questa ottica, il dialogo tra culture e religioni emerge come un’esigenza intrinseca alla natura stessa dell’uomo e della cultura, come strumento eminente per realizzare la civiltà dell’amore e della pace attorno ai valori eterni della solidarietà, della giustizia sociale, della dignità umana.
La pace di fatto nasce e si rafforza proprio quando i diritti umani vengono osservati e rispettati integralmente. Quando invece i diritti umani vengono ignorati o disprezzati, quando il perseguimento di interessi particolari prevale ingiustamente sul bene comune, allora vengono inevitabilmente seminati i germi dell’instabilità, della ribellione e della violenza.
La “Dichiarazione universale dei Diritti dell’Uomo” ha come premessa basilare l’affermazione secondo cui il riconoscimento della dignità di tutti i membri della famiglia umana, come pure dell’uguaglianza e inalienabilità dei loro diritti, è il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo. E’ inquietante pensare che all’alba del Terzo Millennio ci sono alcuni diritti gravemente esposti a ripetute violazioni: il diritto alla vita, il diritto alla libertà religiosa.
I “contatti interreligiosi” sono dunque strade obbligate per evitare le lacerazioni del passato. Alla base di ogni dialogo ci deve essere l’ascolto e la conoscenza reciproca: deve esserci la stima che nasce dal riconoscere la buona volontà dell’altro e dalla sincerità nel proporre le proprie posizioni. Un’ autentica cultura della convivenza si costruisce sull’unità nella diversità.
Il problema dell’ecumenismo delle religioni si pone nel contesto di un mondo che, se da un lato si fa sempre più piccolo, divenendo sempre più unico spazio comune nella storia umana, dall’altro è sconvolto da guerre, diviso da tensioni crescenti tra poveri e ricchi.
E allora come è possibile l’incontro nella diversità delle religioni e fra i contrasti che proprio oggi assumono spesso forme sempre più violente? Che tipo di unità può mai esserci? In quale misura si può almeno tentare di perseguirla? Tutte le religioni dovrebbero innanzi tutto rinunciare all’interminabile controversia sulla verità assoluta e riconoscere invece la loro essenza, la loro effettiva finalità spirituale al servizio della pace, della giustizia, dell’Uomo.
Chi volesse puntare all’unificazione delle religioni come risultato del dialogo interreligioso, può solo restarne deluso. Una cosa simile è difficilmente possibile.
L’incontro tra le religioni non può avvenire sui distinguo e sulle dispute teologiche, ma è possibile solo mediante l’approfondimento delle singole specificità. Lo scetticismo non unisce! Vanno incoraggiati il rispetto profondo per la fede dell’altro e la disponibilità a cercare la verità che insieme può farci progredire; va incoraggiata la disponibilità a cercare, dietro alle manifestazioni che ci possono sembrare strane e incomprensibili, il significato più profondo che si cela in esse.
Il dialogo fra religioni è un fatto che, certamente, riguarda in particolare la Chiesa, ma riguarda anche noi, il nostro spirito di servizio, la nostra reale volontà di saper ascoltare, la nostra capacità di accogliere il diverso, nella consapevolezza che ogni via della pace, anche quella religiosa, parte dall’uomo.
Il resto è il solito muro resinoso di parole!...

( da “The Lion” – settembre 2007 )

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