Ordini Cavallereschi Crucesignati

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martedì 23 ottobre 2007

Questo Pontefice dicono, era un Grande Iniziato...

Esegesi dei Precetti dal Trentaduesimo al Trentaquattresimo e Conclusione.

XXXII: Astieniti però dai Cibi di cui Ti dissi. E abbi intelletto, e nelle Purgazioni, e nella Liberazione dell’Anima.
XXXIII: Ogni Cosa osserva, distingui e valuta; l’Intelletto dall’alto eleggendo per guida adeguata.
XXXIV: Allora, lasciato il Corpo, salirai al Libero Etere: Sarai un Iddio Immortale, incorruttibile, invulnerabile.


Benché molto conciso e molto semplice in apparenza, il trentaduesimo Verso è tra quelli che, maggiormente, susciterà in HIEROKLES i più disserti commenti riguardanti la Dottrina Iniziatica del Pitagorismo.
Le Lustrazioni e le “Sacre Purgazioni” (sic) vengono indicate come prima fase, improrogabile ed ineluttabile, affine alla Purificazione del Corpo, essendo già la liberazione dell’Anima quasi pervenuta nella sua fase conclusiva.
Ribadiamo ancora che non si tratta in nessun caso di “mortificare il Corpo per liberare lo Spirito” bensì e invece, durante l’esistenza, di utilizzare il Corpo Tempio come strumento di generazione e di elaborazione propria dell’ “AUGOEIDES”, della “Forma Radiante”, definita dal Maestro Alessandrino come “elemento Immateriale e Iper-Fisico”, Veicolo Eterico della Coscienza Individuale. Si tratta altresì di preparare, mediante un’ascesi non frustrante e non punitiva del Corpo, ciò che diventerà la Dimora del Principio Superiore Risvegliato, ossia dell’ “AGATHODAIMON” personale di cui abbiamo già parlato anzi, questa volta auto-rivelato a se stesso e liberato dalle contingenze del Divenire. In chiave di lettura Egizia corrisponde a praticare durate la Vita Biologica una “OSIRIFICAZIONE” del proprio Essere, insomma di diventare anzitempo un “Signore delle Trasformazioni”; dando al Principio Cosciente, al Se, maggiori libertà e indipendenza di movimento, offrendogli un Veicolo perenne e incorruttibile lungi dalle costrizioni imposte dall’involucro carnale di cui, intanto e comunque, partecipa.
Tutte le Grandi Tradizioni Spirituali fanno riferimento a questo “Corpo di Gloria”, o Corpo di Trasfigurazione, ivi compresa la Tradizione Cristiana che si compiace a definirlo anche “Corpo di Risurrezione”. Tornando alla Tradizione Egizia, fonte non trascurabile della “Materia Pitagorica”, il “ SAHU’ “ (Corpo Fisico) e il “ KA’ “ (il suo Doppio Fluidico ed Energetico) sono, infatti, gli elementi generatori di questa “Dimora dell’ “AKHU” (il Principio Individuale Divino e Immortale). Allora e soltanto allora, una volta realizzato questo Corpo di Gloria, il “BA” (l’Animo) potrà viaggiare al suo piacimento, posandosi tale un libero uccello dove vuol, avendo già risolto (e sciolto) tutti gli “Attaccamenti Casuali emotivi anteriori”.
Lo si immagina senza difficoltà: l’Insegnamento tramandato dal Buddismo Mahayana di Scuola Tantrica Tibetana differisce ben poco.
Secondo la Grande Tradizione Universale, un “Segno” viene lasciato post-mortem da chi ha già raggiunto durante l’esistenza il compimento del Corpo di Gloria: è l’imputrescibilità del Corpo Fisico defunto. Infatti, viene considerata, dalla Chiesa Cattolica come dalle altre Grandi religioni, come un “Sintomo di Santità”. (a questo proposito, invito il lettore a recarsi in visita presso la Salma intatta di Giovanni XXIII, in Vaticano. Un “qualcosa” innegabilmente “reggia” dalla Bara di Cristallo, un “qualcosa” fatto di Luce, di Pace e di Serenità, di Immane Serenità: Questo Pontefice, dicono in tanti, era un Grande Iniziato, un Adepta Realizzato... ed io, volentieri voglio crederci...).
Non mi soffermerò in questa sede sulle prescrizioni dietetiche proprie del Pitagorismo. Vale la pena consacrarci un capitolo a se stante. D’altronde abbiamo già fatto allusioni in merito in questo saggio. L’argomento, però, è di fondamentale importanza.
Conviene tuttavia sottolineare, a proposito delle Lustrazioni e della “Sacre Purgazioni”, che vanno interpretate a diversi livelli di senso:
2. Un livello di senso puramente fisico, proprio alle buone condizioni di elaborazione dell’ “AUGOEIDES”.
3. Un livello di senso morale e intellettivo, inscindibile dal precedente.
Abbiamo, in effetti, potuto valutare anzi a che punto i veleni emotivi infettano dal più denso al più sottile l’intero Essere. E’ quindi in un pari passo perfetto che “Corpo” e “Animo” debbono depurarsi da tutte le loro scorie, da tutte le loro “Dismisure”.

Il trentatreesimo Precetto, di per se, è già una pre-conclusione; però, attraverso ciò che potrebbe sembrare una ripetizione dei sensi morali evocati in precedenza, mette l’accento sulla “Verticalità Apollinea”. In questa fase, effettivamente, il discepolo giunge alla mèta.
Ha purificato il suo Corpo-Tempio ed elaborato l’AUGOEIDES, Veicolo di Immortalità.
Conviene ora che renda immanente, che faccia “scendere” tra virgolette il suo NOUS, ovvero la sua Coscienza Superiore, rivelandone a se stesso la posizione di centralità e di governo del suo intero Essere.
Dal momento in cui l’Iniziato è diventato un Adepta, un Saggio, un “Compiuto”, dall’alto del NOUS si esprime la Pura Ragione, insensibile alle alterazioni fisiche ed emotive.
Il Punto di Centralità di chi ha conosciuto il Risveglio, senza ombra di dubbio, è quello in cui passa l’Asse Verticale, il Perno Cardinale di ogni cosa, l’AXIS MUNDI in cui si manifesta la Presenza. Simbolicamente, corrisponde allo Zenit Esatto del Tempio Massonico Pitagorico, unico punto del Santuario ove pienamente regna la Luce.

Ecco raggiunto l’ambito traguardo: l’Opera è compiuta! Il Saggio può vivere e prosperare in mezzo ai suoi, da Uomo felice e da utile Cittadino; in effetti, è pronto per morire!
Con più esattezza, quando verrà l’ora, senza voltarsi indietro, sarà pronto ad abbandonare il Corpo “mortale” di cui ha fatto il prediletto strumento di Conoscenza dell’intera passata esistenza. Due punti ancora meritano di trattenere la nostra attenzione:
4. Il termine di Libero Etere induce a pensare che ormai l’Adepta viaggerà in uno stato di Non Luogo spazio-temporale dove la Libertà, da virtuale o/e auspicata prima, è diventata effettiva, totale, reale.
5. Finalmente, da come viene descritto, contrariamente alle Vie Spirituali di Realizzazione, in carattere non mistico (nel senso moderno), e non nichilista, ma Olimpico dell’Apoteosi dell’Adepta Pitagorico. In effetti, egli non si fonde né si scioglie nel Tutto/Uno, neppure si confonde nella Divinità, nel “THEOS”.
E’ invece diventato un “Essere Divino”, un “Nume”, ossia un Riflesso indipendente e partecipante dell’Armonia dei Mondi e del “Soffio” Luminoso della Divinità. E’ nel seno di Dio, un Dio tra gli Dei, un Nume tra i Numi, un “EROE DIVINIZZATO” ! (Molto delle condizioni richieste dalla Chiesa Cattolica per la Canonizzazione di un Santo, si ravvicinano del resto da questi concetti...).

Per giungere a questo è bastato all’Iniziato di aver vissuto da Onest’Uomo nel senso il più pieno, totale e semplice della parola.
E’ bastato quindi che abbia esercitato la sua “HUMANITAS” su se stesso, sugli Altri Viventi e sulla Città (la POLITEIA)...
Tale è, attraverso l’Insegnamento contenuto in questi trentaquattro Precetti Aurei della Regola, ciò che i Pitagorici lasciano come Eredità delle loro esperienze!

CONCLUSIONE:
Il linguaggio utilizzato nei trentaquattro Versi sembra lontano da noi anni-luce. Non pertanto corrisponde esclusivamente ad un pezzo dell’archeologia del Pensiero.
Sempre attuali, addirittura attualissimi sono i Valori espressi e le tecniche di riferimento. Occorre soltanto “adattare”, ossia, per quanto lo si può fare, applicare alle nostre odierne condizioni di esistenza ciò che gli Antichi ci avevano trasmesso.
In un contesto globale assolutamente privo di misura, di equità e di equilibrio, in un ambito maggiormente condizionato dalle trappole del “virtuale”, la lezione dataci dai Precetti Aurei ci riporta all’Essenzialità vereconda di un Esistenzialismo illuminato (sia dalla Ragione che dalla “pulsione trascendente al Sacro”). Per questo modesto saggio, mi sono ispirato molto liberamente al tracciato precedente di JULIUS EVOLA e ringrazio i suoi Mani. Non sono un “evoliano”. La mia personale percezione della Tradizione dell’Occidente, contrariamente alla sua, è chiaramente “Mediterraneo-centrista” invece che “germano-centrista”. La mia interpretazione quindi divergerà abbastanza dalla sua, come del resto diverge la mia “visione del Pitagorismo”, quasi sciamanica, da quella di Arturo Reghini più centrata sugli assetti matematici. L’indubbio valore Universale dei Versi Aurei risiede precisamente nel fatto di consentire questi tre tipi di approccio, diversi ma complementari. Finalmente, un mio pensiero di Fraterna gratitudine sfugge, oltre al Tempo e allo Spazio verso l’Amico-Adelfo HIEROKLES di Alessandria che mi ha fatto da guida in questa “meditazione”. Senza di lui, mi sarei forse perso nelle vallate ombrose dell’ “intelletto immediato” e non avrei camminato sulle vette brezzose dell’ “intelletto secondo” che concilia, anzi unisce Raziocinio e Spirito.

Nel puro stile Pitagorico “dietro il velo”, questi trentaquattro precetti nascondono sotto le semplici apparenze di un codice di Vita, una “trama Arcana” che conviene saper decriptare.
Costituendo nel loro insieme ciò che qualificherei propriamente di “Testamento Filosofico”, lasciano comunque molto da pensare, sia a proposito dell’elaborazione del Pensiero Cristiano dei primi secoli (i Commenti Alessandrini sono databili dal 2° sec.D.C.) che a proposito di ciò che, molto più tardi, saranno l’Etica e l’Ontologia della “Materia Massonica”
Negare che vi sia, presente in uno come nell’altro di questi Pensieri, un Filo di Arianna che riconduca all’influenza dei Versi Aurei sarebbe storicamente ed intellettualmente errato, come del resto sarebbe storicamente ed intellettualmente errato ridurre e ridimensionare le Radici della Civiltà Occidentale alla sola Cultura Classica o al solo Giudeo-Cristianesimo. I fatti storici non sono un’opinione, sono fatti... e non li si può riplasmare.
Il cursus indicato dalla quasi totalità delle Vie Spirituali e che consiste in una prima fase di Catarsi susseguita dalla “Morte dell’Ego” e ultimato dalla “Rinascita del Se”, è comune.
Tuttavia, la Visione di un Umanesimo Sociale Universale trasceso verso l’Assoluto Divino attraverso un processo redentore di Morte e Rinascita (o Risurrezione) nei giorni nostri, associa soltanto in un unico concetto, ma in chiavi di lettura diverse, Valori Massonici e Valori Cristiani.
C’è da pensare, c’è da pensare molto... E se il D.N.A. comune fosse celato, per caso, nei Contenuti Pitagorici dei Versi Aurei? Quale potrebbe essere il loro contributo nella genesi delle diverse Regole e Discipline Monastiche, o ancora nella genesi delle Ritualità Simboliche della Massoneria? In materia di libera riflessione, una ipotesi vale l’altra!
I Trentaquattro Precetti ci hanno insegnato che, dalla Via Pitagorica, c’è poco da apprendere in funzione del solo “sapere”, e che in questo caso il “chatt sul Net” serve ben poco. Ma che invece è tutta da vivere, esistenzialmente, prammaticamente! Il Pitagorismo, anche e a più forte ragione nel suo assetto Massonico, non è “LA VIA”! Rimane intanto UNA delle Vie di Realizzazione da percorrere.
(Tratto dai quaderni di Serenamente)

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