Ordini Cavallereschi Crucesignati

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martedì 2 ottobre 2007

I Lions sulle orme dei Bona Sforza

Con la presenza del Vice Governatore Ing. Dott. Elio LOIODICE

All’interno dell’Hotel Sheraton Nicolaus di Bari i Lions Clubs baresi si sono riuniti ed hanno dato “vita” ad una sfilata in costume d’epoca della Corte dei Bona Sforza.

L’evento è stato organizzato dal Prof. dott. Giuseppe Di Benedetto (Soprintendente Archivistico per la Puglia Direttore Archivio di Stato di Bari), che ha voluto omaggiare a tutti i circa 300 Lions intervenuti il secondo volume della storia di Corte sottolineando “Bona Sforza Regina di Polonia e Duchessa di Bari. Con la partecipazione in qualità di relatori. Il dott. Maurizio FALLACE (Direttore Generale per gli degli Archivi Ministero per i Beni e le Attività Culturali) e dei Presidenti di Clubs: dott. Vicenzo DORMIO, (Lions Club Bari Host trainer), Dott.ssa Titti PALLADINO (L.C. Isabella d’Aragona), Prof.ssa M.A. DEL CORE ANGELILLO (L.C. Bona Sforza)

Dopo gli interventi dei Relatori mi piace porre alla Vostra all’attenzione la relazione-commento del volume presentato dal Prof. Di Benedetto autografato e dedicato alla Redazione e a tutti gli affezionati lettori de il “Palazzuolo”.


Sono particolarmente lieto di presentare il secondo volume del Catalogo della mostra internazionale “Bona Sforza Regina di Polonia e Duchessa di Bari, (manifestazione tenutasi nel castello svevo di Bari, dal 27 gennaio al 27 aprile 2000 e nel castello reale del Wawel a Cracovia, dal 14 settembre al 29 novembre dello stesso anno. Le due residenze simbolo del potere esercitato da Bona Sforza nei suoi domini, oggetto esse stesse “da mostrare” e in pari tempo cornice impareggiabile, fulcro ideale per una letteratura dei contesti territoriali. Pubblicato, come il primo volume, dalla casa editrice “Nuova Comunicazione” di Roma, il secondo volume raccoglie pregevoli saggi relativi al contesto culturale e alla produzione artistica del ducato di Bari e del principato di Rossano, le schede critiche delle fonti documentarie, bibliografiche e dei manufatti artistici, nonché la ricca bibliografia generale. La prima parte comprende una serie di contributi incentrati sui caratteri architettonici del castello di Bari; sulla produzione ceramica rinvenuta durante i lavori di restauro del castello; sul monumento funebre di Bona fatto erigere dalla figlia di Anna tra il 1589 e il 1593 nella basilica di S. Nicola; sullo sviluppo della musica e della produzione libraria a Bari. A questi interventi si aggiungono interessanti saggi sulla cultura artistica ( Madonnina dei Carbonai) e musicale (Antifonario) nel principato di Rossano sotto la dominazione sforzesca.
La seconda parte (continua il Prof. Di Benedetto) comprende le schede critiche organizzate in tre sezioni, secondo la scansione interna della Mostra. La prima sezione è intitolata alla “prima giovinezza di Bona Sforza fra le corti di Milano, Napoli e Bari,” ripercorre l’infanzia e la giovinezza di Bona che accanto alla madre Isabella visse tra le corti di Milano e di Vigevano (dove era nata), di Napoli e di Bari, sino al 1517, anno del matrimonio con Sigismondo Jagellone re di Polonia, celebrato con fasto memorabile in Castel Capuano a Napoli. A presentare i protagonisti della corte sforzesca concorrono i ritratti della famiglia: le lunetti milanesi con le immagini di Gian Galeazzo Sforza e Isabella d’Aragona; il celebre disegno con volto femminile di Boltraffio, tradizionalmente interpretato come ritratto di Isabella; il bel dipinto con il piccolo Francesco, opera di Berardino de’ Conti. Gioielli e oggetti di devozione, stoffe di pregio e armature, una ricca documentazione archivistica, manoscritti minati (Grammatica di Elio Donato) e cinquecentine illustrano il fasto, la grazia e la raffinatezza di vari movimenti della vita della vita sforzesca: dall’educazione dei bambini allo svago, dalla musica alla moda, dalla caccia alla guerra, dagli studi umanistici alla devozione. Sul versante napoletano particolare spicco assumono personaggi della cerchia umanistica meridionale, quali Pontano, Sannazaro, il Galateo. La loro incisiva presenza nella cultura del Mezzogiorno al passaggio dagli Aragonesi al Viceregno, è testimoniata da rari manoscritti ed esemplari a stampa ricercati: un autografo del Pontano e il manoscritto delle Epistole del Galateo conservato presso la Biblioteca Vaticana, l’Arcadia del Sannazaro nell’edizione di Sigismondo Mayr (1503), stampato su pergamena e decorato da miniature; il primo volume delle opere del Pontano (Mayr, 1505). Negli stessi anni di inizio secolo baroni umanisti e bibliografi, quali Andrea Matteo Acquaviva d’Aragona, duchi d’Atri e conte di Conversano e il fratello di Belisario, duca di Nardò, facevano apprestare fastosi manoscritti miniati, quali il Plinius Secundus della Biblioteca napoletana dei Gerolamini. Nel solco di una tradizione ispirata al Sannazaro si colloca la raccolta di liriche del poeta cortigiano Colantonio Carmignano, pubblicata a Bari nel 1535 con lo pseudonimo di Partenopeo Savio. La seconda sezione del catalogo, nucleo centrale del percorso espositivo, è sul tema: “Bona Sforza regina di Polonia: il governo, la corte, l’arte, la cultura”. Una ricca rassegna cartografica illustra la vastità dei domini della Corona (Polonia, Lituania), e presenta le vedute prospettiche delle città più importanti del Regno. In mestosa parata sfilano i severi ritratti di Bona e di Sigismondo il Vecchio, con i figli , di Sigismondo Augusto ed Anna Jagellona, le cui immagini si moltiplicano via via iterate in dipinti e incisioni. Le medaglie e le gemme incise con l’inconfondibile profilo della regina, in gran parte opera di artisti italiani chiamati a corte da Bona (Caraglio, Mosca, Pastorino), si compongono in un piccolo tesoro. Dagli Archivi e dalle Biblioteche polacche, documenti e codici testimoniano l’energica azione di governo della sovrana, il tenore di vita e la cultura della corte. Al clima cortese riportano con suggestiva efficacia gli arredi: gli arazzi fiamminghi scelti dalla straordinaria collezione di Sigismondo Augusto, un gruppo di teste di legno policromo provenienti dal soffitto della sala dei Deputati nella reggia di Wawel, sculture di oggetto sacro ed elementi decorativi dalla cappella regia, stoffe preziose, ceramiche. La terza sezione è intitolata “Bona Sforza duchessa di Bari e principessa di Rossano”. Una vasta documentazione (lettere autografe, diplomi, atti notarili, manoscritti) relativa ai feudi meridionali che Bona gestì dalla lontana Polonia, delinea i rapporti della regina con le università, i funzionari di corte e le istituzioni ecclesiastiche. Ne è risultato uno spaccato imprevedibilmente ricco e articolato delle relazioni tra potere, la società e il territorio, non senza spiragli che gettano luce sul gusto e sulla sensibilità personali della sovrana. Riprendendo l’intenso programma di opere pubbliche avviato da Isabella, la Sovrana promuove la costruzione di fortificazioni, cisterne, fontane, palazzi pubblici, oltre ai lavori di rafforzamento del castello di Bari e a quelli per la sistemazione degli appartamenti ducali per potervi ospitare la corte: si assiste così al mutamento della funzione del castello, da fortezza medievale (normanna, sveva, angioina, aragonese) a corte ducale (con Isabella e Bona), sull’esempio delle più evolute corti rinascimentali. D’ora innanzi, la mole del castello, monumento simbolo tra i più famigliari al cittadino barese, evocherà accanto alla figura giganteggiante di Federico II, imperatore svevo e sovrano del Regno di Sicilia, l’immagine di Bona Sforza, regina di Polonia e duchessa di Bari.
Solo i documenti parlano invece del carico di tesori che accompagnò Bona nel 1556, nel viaggio che la portò dalla Polonia a Bari e dei doni che ella offrì – oreficerie, arazzi, tappeti, paramenti sacri . alla basilica di San Nicola e ad alte chiese del ducato. Ma gli arazzi e i dipinti, gli arredi e le stoffe sontuose, gli oggetti d’arte suntuaria che conferivano magnificenza e splendore alla figura a alla dimora della sovrana, sono irrimediabilmente scomparsi. Recenti scavi, condotti nell’area del castello dalla locale Soprintendenza in occasione di un intervento di restauro, hanno restituito ceramiche di prevalente importazione faentina, decorate con stemmi profili femminili, mattonelle da stufa con raffigurazioni impresse, interessanti prove della cultura materiale e della vita quotidiana a Bari, nel periodo ducale. Più facile al confronto rintracciare le testimonianze concrete sulle inclinazioni del gusto espresse dalle cospicue famiglie di estrazione lombarda e napoletana, prossime alla corte. Nel periodo ducale, le città del feudo sforzesco (Bari, Modugno, Palo, Capurso, Rutigliano, Noicattaro, Ostuni), si arricchiscono di palazzi d’ispirazione rinascimentale; cappelle gentilizie, con il loro corredo di dipinti , sculture, arredi e suppellettile liturgica, sgorgono lungo il perimetro delle chiese più prestigiose. Nell’architettura i modi toscani sembrano riecheggiare, come accade a Modugno (nel palazzo del canonico Vito Pascale, segretario di Bona in Polonia, le parallele esperienze trapiantate ne cantiere di Cracovia dal fiorentino Bartolomeo Berecci e della sua equipe. A Bari l’edilizia palaziale privata riadatta precedenti costruzioni, nobiliare in facciata da finestre architravate e portali, la cui decorazione scultorea attinge un repertorio di tradizione umanistica (Palazzo Zizzi). Il catalogo rimarrà quale sigillo imperituro di impegno, fervore e tenacia del lavoro di coloro che con professionalità e capacità hanno contribuito alla sua realizzazione.

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